L’aumento dei prezzi dei materiali per gli imballaggi e la scarsità di bottiglie di vetro sono evidenze che stanno impattando notevolmente sul settore del vino. È interessante capire se queste condizioni stiano provocando un mutamento nelle scelte di produttori e rivenditori a favore di opzioni alternative rispetto al vetro, sia che si tratti della corsia del supermercato che di ristoranti, bar e locali.
Quando si parla di imballaggi alternativi per il vino, sembrano esserci due schieramenti. Il primo ritiene che il cambiamento sia non solo inevitabile, ma essenziale, il secondo è ancora fermamente convinto che non è un caso se questo sistema ha funzionato bene per così tanto tempo ed è così radicato nelle abitudini dei consumatori.
Richard Bampfield MW è un sostenitore della prima opzione, ma ammette che la strada da percorrere è ancora lunga: “Direi che le notizie sulla scomparsa della bottiglia di vetro sono molto premature. È troppo radicata sia nella cultura del consumo di vino sia nelle operazioni della catena logistica per essere già in via di estinzione. Per questo motivo, mentre si cercano e si sperimentano formati alternativi, è essenziale esplorare modi per ridurre l’impronta di carbonio del vetro. Finora l’enfasi è stata posta sul riciclo, ma questo ci porta solo fino a un certo punto”.
Infatti, oltre il 45% dell’energia totale impiegata nella produzione di una bottiglia di vino risiede nella bottiglia stessa, visto che il punto di fusione del vetro è 1700 gradi.
Bottiglie in cartone riciclato
Una delle principali soluzioni di imballaggio alternative è la bottiglia Frugal Bottle, inventata da Frugalpac e realizzata con il 94% di cartone riciclato. È cinque volte più leggera del vetro ed ha un’impronta di carbonio sei volte inferiore.
L’amministratore delegato di Frugalpac, Malcolm Waugh, sottolinea i vantaggi in termini di costi e di emissioni di carbonio derivanti dalla sostituzione degli imballaggi in vetro: “Ogni bottiglia di vetro creata immette in media 466 grammi di carbonio nell’atmosfera e lo stesso avviene quando viene riciclata. È chiaro che i costi di gestione dei forni e di spedizione del vetro pesante stanno aumentando in modo significativo, quindi i formati alternativi diventano la soluzione per ridurre le emissioni di carbonio e i costi”.
La confezione deve migliorare l’esperienza, non essere il motivo dell’acquisto
Ma quanto è probabile che i consumatori escano dalla loro cultura radicata e scelgano un imballaggio di cartone riciclato al posto delle loro amate bottiglie di vetro? Che cosa ci vorrà perché i consumatori scelgano i vini in base all’impronta di carbonio piuttosto che al vino stesso?
Waugh spiega: “Il vino deve soddisfare le esigenze dei consumatori in ogni caso, la confezione deve migliorare l’esperienza e non essere il motivo dell’acquisto, il risparmio di milioni di tonnellate di carbonio dovrebbe essere abbastanza convincente, ma non se il vino non riesce a soddisfare le esigenze. Una bottiglia Frugal ha l’aspetto e il funzionamento di una bottiglia di vetro, ma è più sicura, più leggera, più divertente e sostanzialmente migliore per l’ambiente”.
Quindi, se il vino deve giustamente rimanere di primaria importanza, è lecito domandarsi se è giunto il momento che i brand super-premium si decidano a dare l’esempio.
I brand di vino super-premium, esempi negativi
In quest’ottica è difficile comprendere e giustificare la produzione di vini blend multi-continentali, lanciati anche di recente.
Lo spostamento delle uve e dei vini tra i continenti per la realizzazione del prodotto finito ha chiaramente un impatto e delle conseguenze ambientali non trascurabili.
David Morrison dal suo noto blog “The Wine Gourd” propone l’esempio di Pangaea, un taglio bordolese multi-continentale (le varietà del blend provengono da USA, Francia, Spagna, Sudafrica, Argentina) dell’enologo di fama Michel Rolland, prodotto in un numero limitato di 2.500 bottiglie l’anno e proposto ad un prezzo di 500 euro a bottiglia.
Secondo i produttori, la motivazione di questo assemblaggio è mettere in evidenza i terroir del mondo e la loro interconnessione.
Ma non è l’unico, si potrebbero citare il “Wines of the World” di Penfolds che contiene uve provenienti sia da Napa che dall’Australia oppure il blend “One Wine One World” creato nel 2010 da James Suckling che assembla uve provenienti da California, Messico, Ungheria, Slovenia, Francia e Italia, paradossalmente venduto per raccogliere fondi a favore di una fondazione di beneficenza.
Il dispendio energetico di queste operazioni va chiaramente in direzione contraria rispetto alla volontà di ridurre in maniera significativa l’impatto della produzione di carbonio a livello globale.
Vini in lattina
Il cartone riciclato e il bag-in-box non sono le uniche strade percorribili: negli ultimi anni, infatti, i vini in lattina hanno guadagnato popolarità. Il settore del vino in lattina ha ricevuto un’importante spinta quando Waitrose ha annunciato di voler convertire tutte le sue bottiglie di vetro da 187 ml alle lattine. Una mossa che ha visto un aumento delle vendite e che, secondo quanto riferito, ha permesso di risparmiare oltre 300 tonnellate di imballaggi in vetro.
Henry Connell, cofondatore del marchio di vino in lattina The Uncommon, sostiene che il 79% delle emissioni di CO2 potrebbe essere ridotto passando da una bottiglia di vetro da 75cl a tre lattine di alluminio da 250ml. “Le lattine sono migliori per l’ambiente, ma anche per il vino, perché non lasciano entrare l’aria o la luce, il suo peggior nemico”.
Ma si rende anche conto che ci vorrà del tempo prima che la cultura del vino cambi. “Il trade ha concepito il suo servizio intorno al alla bottiglia e al suo utilizzo. La situazione sta iniziando a cambiare. Il formato non cambia il gusto, ma c’è ancora molto lavoro da fare con la percezione dei consumatori”.
Diffusione del vino alla spina
Come ho preso in esame in questo articolo, un’altra soluzione è quella del vino alla spina, che sta diventando una realtà comune nel settore Horeca, in particolare nei locali ad alta frequentazione.
Bampfield spera che questa tendenza continui a prendere piede: “Il mio desiderio personale è di vedere più vino alla spina. Wetherspoons è già all’avanguardia in questo campo e, se altri lo seguiranno, la cosa dovrebbe diventare molto più accettabile per i consumatori. Il grande vantaggio della spina è che l’accento è posto sul riutilizzo piuttosto che sul riciclaggio – quest’ultimo è preferibile allo spreco, naturalmente, ma non è affatto la soluzione ideale”.