Il Parlamento europeo in un’ottica di contrasto ai cambiamenti climatici, ha approvato la Legge europea sul clima che fa parte del Green Deal europeo, la tabella di marcia dell’UE verso la neutralità climatica. La legge innalza l’obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e rende giuridicamente vincolante la neutralità climatica entro il 2050.
In altri Paesi sviluppati si stanno valutando gli obiettivi e i tempi di riduzione delle emissioni di carbonio, ad esempio il Governo australiano ha approvato una legge che fissa un obiettivo di riduzione delle emissioni del 43% e di emissioni nette zero entro il 2050.
Molte industrie si rendono conto dell’inevitabilità di questo processo in rapido avvicinamento e stanno già esaminando la tecnologia e le pratiche per prepararsi a decarbonizzare la produzione per raggiungere gli obiettivi futuri di riduzione e azzeramento delle emissioni di carbonio.
Per i viticoltori, sembra che non si possa sfuggire al problema delle emissioni di carbonio, dato che le pressioni sociali, normative e di mercato sono in aumento. Scienziati e politici sono ormai concordi nel ritenere che la riduzione delle emissioni di gas serra sia il modo migliore (e l’unico) per affrontare i problemi associati al riscaldamento del pianeta Terra.
La sfida di raggiungere questo obiettivo spetta a questa generazione, il costo economico del cambiamento sarà relativamente alto e i benefici potrebbero non concretizzarsi prima di 30 o 40 anni.
Una nota positiva è che, se confrontato con altri settori, il settore vitivinicolo non contribuisce in modo significativo alle emissioni di CO2. Elettricità e riscaldamento sono di gran lunga i maggiori responsabili delle emissioni globali (73,2%) (Climate Watch, World Resources Institute 2020).
Nel 2020 l’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) per valutare l’impronta ambientale complessiva della produzione vitivinicola al fine di sviluppare piani d’azione adeguati, ha formulato i principi per una valutazione del ciclo di vita (LCA ovvero “Life Cycle Assessment”). Il Life Cycle Assessment è una metodologia analitica e sistematica che valuta l’impronta ambientale di un prodotto o di un servizio, lungo il suo intero ciclo di vita.
La valutazione mostra che il trasporto e l’imballaggio in vetro costituiscono circa il 74% dell’impronta carbonica, mentre la viticoltura e la vinificazione contribuiscono ciascuna per il 13% (Hirlam et al. 2023). È chiaro che il problema principale che il settore vinicolo deve affrontare e le sue ambizioni di riduzione delle emissioni di carbonio è l’uso di bottiglie di vetro.
Il vetro è la confezione preferita dai produttori e dai consumatori di tutto il mondo. Una recente indagine condotta da Winetitles Media (2021) ha rilevato che attualmente solo il 19% dei produttori di vino australiani e neozelandesi confeziona i propri vini in bottiglie alternative rispetto al vetro.
I dati ci dicono che in Australia il 44% dei produttori di vino ha preso in considerazione la possibilità di confezionare i propri vini in materiali diversi dal vetro ma ha scelto infine il vetro per diverse ragioni:
- preoccupazioni legate all’invecchiamento del vino per più di un anno in bottiglia,
- produzione non sufficientemente ampia da poter essere diversificata,
- potenziale impatto negativo sulla qualità del vino,
- percezione potenzialmente negativa del marchio da parte dei consumatori,
- percezione di una mancanza di domanda di imballaggi alternativi al vetro (Logan, 2021).
L’aspetto positivo è che il vetro è riciclabile all’infinito ed è composto da ingredienti naturali.
Tuttavia il vetro presenta diversi aspetti negativi:
- richiede elevati input energetici per la produzione,
- il suo peso elevato rispetto agli imballaggi alternativi aumenta l’impronta di carbonio durante il trasporto,
- si ritiene che il vetro riciclato possa ridurre i costi di produzione delle bottiglie di vino grazie a un minore fabbisogno energetico, ma sinora non è stato possibile verificarlo.
I vigneti sequestrano il carbonio dall’atmosfera nelle componenti vegetative della vite (frutti, foglie, tralci e strutture legnose permanenti del tronco) per un totale combinato fino a 0,8-0,9 tonnellate di carbonio per ettaro.
Anche se attualmente non è obbligatorio per le aziende del settore vinicolo essere neutrali dal punto di vista del carbonio, la pressione degli enti normativi nel fissare obiettivi e scadenze, nonché la consapevolezza dei produttori, hanno motivato alcuni a intraprendere iniziative per migliorare le proprie credenziali “green”.
Una volta stabilita l’impronta di carbonio (carbon footprint), la neutralità carbonica può essere raggiunta in due modi:
- Il primo è la decarbonizzazione per ridurre le emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra, che si ottiene principalmente adottando nuove tecnologie come le energie rinnovabili o acquistandola da terzi.
- Il secondo modo è quello di compensare le emissioni di gas serra attraverso un sistema di abbattimento delle emissioni di carbonio. È qui che le cose si fanno interessanti ed è necessario evitare di essere accusati di “greenwashing”.
Al momento non disponiamo di un quadro normativo completo per verificare i termini ed i progressi verso gli obiettivi di neutralità carbonica ma il dado è ormai tratto e nei prossimi 20-30 anni saremo tutti interessati, in un modo o nell’altro, da una nuova “carbon economy”.
Il modo in cui questa economia si svilupperà non è ancora ben delineato, ma una pianificazione tempestiva e un’attenta implementazione degli adeguamenti da parte del settore vitivinicolo ridurranno senza dubbio l’impatto della criticità future.