Un po’ di tempo fa un noto manager del vino italiano mi ha posto un’interessante domanda: ”Mi puoi dire per favore cosa ti servirebbe per migliorare ulteriormente l’informazione che fate tramite Wine Meridian?”.
Se ci pensate, una domanda semplice ma anche decisamente importante. Una domanda che tutti dovremmo porci quando leggiamo un qualsiasi tipo di giornale.
Le aspettative che abbiamo, infatti, nei confronti dell’informazione (sia quella generalista che quella specializzata) è giustamente elevata. Gradiamo avere informazioni aggiornate, autorevoli, scritte da professionisti competenti, affidabili.
Per realizzare un’informazione autorevole ed anche utile per i lettori (soprattutto se si tratta di informazione specializzata) sono necessarie risorse economiche. Certo, è necessario un progetto editoriale ben costruito, ma questo può essere realizzato al meglio solo attraverso investimenti economici, possibilmente importanti.
Ma questo vale per ogni tipologia di attività imprenditoriale; quando infatti ho risposto all’amico manager chiedendogli cosa ha fatto l’azienda che rappresenta per diventare una leader sul mercato, mi ha correttamente risposto: “Fabio, hanno investito un mare di soldi sia sulla struttura produttiva che su quella organizzativa”.
Una risposta logica, eppure quando si entra nel tema dell’informazione (ma anche della comunicazione) si tende a ritenere che queste attività si possano realizzare solo attraverso un po’ di creatività e qualche buona relazione.
E il paradosso è che ormai non solo le imprese pensano questo, ma anche molti addetti ai lavori dell’informazione e della comunicazione del vino. Molti hanno scelto di fare informazione di settore da “volontari”, lamentandosi magari di tanto in tanto per questa condizione e denunciando quelli che invece hanno scelto di fare questo mestiere da professionisti. Nessuno può impedire a chicchessia di intraprendere un’attività senza mirare al profitto, ma è indubbio che diventa molto difficile garantire in questo modo un adeguato livello di informazione, soprattutto se si vuole uscire dallo schema del blog personale per commentare qualche evento o qualche vino.
Tuttavia, anche chi si occupa di comunicazione del vino cade spesso nello stesso errore. Ci sono infatti molti uffici stampa nel nostro settore che considerano il cosiddetto media planning (quel processo che porta all’identificazione di giornali, riviste, radio, TV, social media più adatti al raggiungimento dei propri obiettivi di vendita, legati a brand image o brand awareness) una sorta di bestemmia. Della serie: se devo fare investire l’azienda per cui lavoro, significa che non so fare bene il mio mestiere. Ed è poi questo che porta alla pericolosa aspettativa di poter far pubblicare qualsiasi comunicato stampa o informazione aziendale senza nemmeno immaginare una possibile pianificazione di budget per le testate che si ritengono più interessanti ai fini del miglioramento della notorietà del brand che si rappresenta.
Solo nel mondo del vino questo aspetto viene visto con la modalità sbagliata, addirittura moraleggiante, di condanna nei confronti del legittimo investimento pubblicitario che devono fare le imprese, di qualsiasi settore. Non solo: siamo arrivati addirittura al paradosso di comunicati stampa riportanti il lancio di un nuovo vino a magazine (come il nostro ad esempio) che realizza recensioni sui vini con una nostra apposita commissione, senza prevedere l’invio di campioni.
È come pretendere la recensione di un film senza che il giornalista o il critico cinematografico a cui hai mandato il comunicato stampa l’abbia visto.
Ma a mio parere tutto questo avviene proprio perché manca il presupposto fondamentale che ho voluto sottolineare all’inizio attraverso la domanda del bravo manager: cosa è necessario affinché si possa fare una corretta informazione? Servono risorse economiche da investire soprattutto in risorse umane competenti e, visto che parliamo di informazione specializzata, nell’acquisto di dati, di ricerche, di analisi (che, per noi di Wine Meridian, rimane uno degli investimenti ogni anno più elevati).
Attenzione: non significa che un’azienda debba investire su tutti “a spaglio”, come si dice in gergo. Ma è proprio il criterio “meritocratico” che porta ad una selezione dell’informazione migliore, quella che seriamente serve allo sviluppo imprenditoriale e manageriale di un settore.
Sono onesto; lavoro nel cosiddetto ambito dell’informazione specializzata da oltre trent’anni e conosco bene sia i limiti del giornalismo di settore che le difficoltà delle imprese ad investire sul fronte dell’informazione e comunicazione in tutte le sue diverse sfaccettature.
Ma oggi queste lacune sono molto più pericolose rispetto al passato.
Io ritengo che mai come oggi, infatti, il vino italiano ha bisogno di un’ottima informazione, di una migliore e più autorevole critica enologica e di una comunicazione più efficace.
La grande frammentazione anche nel nostro mondo dell’informazione non ha fatto bene né agli editori né, tanto meno alle imprese. Ma c’è tempo per cambiare rotta se lo vogliamo e per farlo serve la consapevolezza e l’impegno di tutti, e non i soliti facili e inutili moralismi.