Talvolta vengo tacciato di non essere tenero nei confronti dei Consorzi di tutela, di evidenziarne più i limiti che i pregi. Mi dispiace dare questa percezione perché in realtà continuo ad essere non solo un grande sostenitore dei Consorzi, ma ritengo anche che siano tutt’oggi insostituibili nella gestione e promozione delle nostre denominazioni e non solo perché è la “legge” a dirlo, ma anche il buonsenso. È forse proprio questa mia valutazione che mi spinge a chiedere ai Consorzi di tutela di migliorare sempre di più la loro struttura al fine di garantire lo svolgimento adeguato dei loro difficili compiti.
E visto che, come si dice in gergo, “le parole stanno a zero”, la cosa migliore da fare è raccontare di esperienze consortili positive che testimoniano concretamente il ruolo chiave che possono giocare i Consorzi di tutela.

Su questo fronte ritengo molto interessante ed indicativa l’esperienza del Consorzio di tutela Lugana doc che è riuscito a risollevare una denominazione che aveva conosciuto una crescita elevatissima (nel dicembre 2016 la quotazione dello sfuso aveva raggiunto i 4,03 euro/litro!) per poi, a partire dalla fine del 2017, scendere drammaticamente per arrivare nell’estate del 2018 a poco più di un euro al litro. Un declino in gran parte dovuto all’andamento delle giacenze (espresso come rapporto tra giacenze e imbottigliato) che, aumentando notevolmente proprio a partire dal dicembre 2017, hanno spinto i prezzi del vino verso il basso.

Ed è a questo punto che interviene il Consorzio di tutela che, attraverso una decisione dell’Assemblea dei soci nel 2019, per la prima volta interviene con misure di governo dell’offerta (in particolare lo stoccaggio del 15% dell’annata 2020) che portano a risultati positivi già a partire dall’inizio del 2020 fino ad arrivare al 20 rilevamento del 20/9/2021 (secondo i dati della Camera di commercio di Verona) ad una forbice di prezzo dello sfuso da 2,90 a 3,10 euro/litro.

Allo stesso tempo è cresciuto notevolmente, confrontandolo con l’andamento 2019, anche il prezzo dell’uva atta a divenire Lugana che nel 2020 ha registrato un incremento medio del 23%. Complessivamente, pertanto, si può parlare di una crescita del valore della denominazione Lugana nel 2020, espressa in vino sfuso, di circa 10 milioni di euro e di 6 milioni di euro in relazione al valore dell’uva.

Dati in crescita anche per questa vendemmia 2021, che registra un incremento medio del valore di un kg di uva atta a divenire Lugana del 25% rispetto all’annata precedente. Una positività che si ripercuote anche sul fronte del trend di imbottigliamenti che cumulati al mese di agosto si attestano ad un +14,28%.

Certo, guardando i dati dell’imbottigliato all’interno della filiera produttiva del Lugana, osserviamo andamenti molto diversi tra loro, con performance aziendali che oscillano tra il +239% e il -17%. A crescere di più sono le aziende nella fascia di prezzo più bassa (molte di esse hanno visto triplicare le loro vendite nel 2020), ma va sottolineato, a questo riguardo, che secondo i dati IRI Italia il prezzo medio del Lugana sugli scaffali si attesta a 7,56 euro, un prezzo che colloca la denominazione tra le più elevate nel panorama italiano dei vini bianchi.

In sostanza oggi possiamo parlare di un Lugana che è tornato in uno stato di salute grazie ad una situazione di equilibrio tra giacenze e imbottigliato. E si può facilmente riconoscere che questo recupero è avvenuto in tempi sostanzialmente rapidi a dimostrazione che il Consorzio di tutela ha realmente la capacità di incidere sul valore complessivo della denominazione attraverso gli strumenti che già oggi ha a disposizione.

È evidente che lo stato di salute di una denominazione si ripercuote positivamente anche sul valore dei vigneti e del territorio. Ed è proprio quest’ultimo aspetto che evidenzia ulteriormente le grandi responsabilità dei Consorzi di tutela che possono concretamente agire al fine di garantire il valore della denominazione e del territorio nel suo complesso (basti considerare quanti territori italiani si basano principalmente sull’economia vitivinicola).

È chiaro che il Consorzio di tutela è tanto più efficace quanto più c’è coesione all’interno delle varie rappresentanze produttive (vignaioli, imbottigliatori, cooperative, ecc.) e forse rimane questa la sfida più complessa. Ma l’esempio del Consorzio del Lugana, e non solo, fortunatamente, ci sembra molto incoraggiante e ci piacerebbe continuare a raccontare esperienze virtuose in tal senso perché forse sono proprio le dimostrazioni positive a generare maggiore fiducia nell’aggregazione delle imprese nelle diverse denominazioni.