A fine febbraio, la Guardia di Finanza di Caserta e gli ispettori dell’Unità investigativa centrale del Ministero dell’Agricoltura hanno portato alla luce una maxi frode da oltre 20 milioni di euro l’anno, commessa immettendo sul mercato prodotti (in particolare mandorle e pomodori) dichiarati falsamente biologici.
Sono stati indagati sette imprenditori e otto aziende operanti nel settore ortofrutticolo con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al falso ideologico e alla frode aggravata.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha chiesto e ottenuto dal gip l’emissione, per le persone coinvolte, delle misure cautelari dell’interdizione per dodici mesi dall’esercizio dell’attività imprenditoriale e del divieto di dimora nel Casertano.
Per cercare di comprendere ed analizzare più a fondo questa piaga che affligge il mondo della produzione agricola biologica, ho intervistato Paolo Carnemolla, Segretario Generale di FederBio.
Al di là del singolo episodio di cronaca, vorrei capire qual è la dimensione più ampia delle frodi nel biologico e qual è stata l’evoluzione dei sistemi di controllo e gestione della filiera. Ci può fornire un quadro d’insieme?
Negli anni scorsi, mi riferisco all’arco temporale almeno fino al 2016/18 abbiamo lavorato molto per creare dei sistemi efficaci per prevenire le frodi, oltre che per intervenire in tempi rapidi qualora si verificassero. Ai tempi successero delle frodi rilevanti soprattutto su cereali e granaglie.
Il vino DOC, come ben sai, ha un Consorzio di tutela che definisce l’organismo di certificazione per tutte le aziende che aderiscono. Quindi il Consorzio, se lavora bene, è in grado di avere sotto controllo tutto quello che accade nella denominazione tramite un solo organismo di certificazione.
Nel biologico, che riguarda anche tutte le altre filiera produttive, siamo in una condizione molto differente, in cui ogni singola azienda sceglie il proprio organismo di certificazione (in Italia ormai siamo arrivati a 19). Il problema è che questi organismi non comunicano tra loro in maniera continua e in tempo reale ma solo in situazioni e con tempistiche burocraticamente stabilite.
È per questo possibile che i truffatori, quando capiscono che possono giocare su questa mancanza di comunicazione in tempo reale, possano costruire castelli di carta in cui ad una produzione biologica sulla carta si fa corrispondere in realtà un prodotto che non è biologico, come pare sia successo in questo caso. A livello formale tutto torna ma la realtà concreta è ben diversa.
Consapevoli di ciò, assieme ad Accredia e agli organismi di certificazione al tempo nostri associati, avevamo costruito un sistema che consentiva di avere un unico database digitale di informazioni sui certificati e le quantità prodotte da ogni singola azienda biologica certificata ed un’unica piattaforma in cui le aziende inserivano tutti i dati delle transazioni e gli organismi di certificazione potevano verificare direttamente questi dati lungo tutta la filiera.
Questa piattaforma ha funzionato talmente bene che è durata solo un anno e poi ci è stata spenta, prima per iniziativa di alcuni organismi di certificazione che sono anche usciti da FederBio e infine per attendere quella pubblica la cui istituzione secondo il D.lvo 20/2018 avrebbe dovuto avvenire quello stesso anno. Alla fine la stessa Accredia ha abbandonato il sistema.
Per questo rispetto all’epoca di cui sto parlando, ossia ormai 5-6 anni fa, oggettivamente la situazione oggi è peggiorata in termini di rischio perché è stato demolito tutto il sistema di procedure e di piattaforme digitali che era stato costruito esattamente per rispondere al limite principale che ha il sistema di certificazione del biologico.
Perché è stato demolito?
Perché, come ho già anticipato, dopo l’ennesima e rilevante frode il Ministero, con la riforma del sistema di certificazione di cui al Decreto Legislativo n. 20 del 2018, ha deciso che questa piattaforma digitale di interscambio e verifica dei dati delle transazioni di prodotto biologico fra organismi di certificazione doveva essere pubblica, dunque uno strumento gestito direttamente dal Ministero. Era il 2018, siamo nel 2023 e di questa piattaforma non abbiamo ancora visto nulla. Il perché di questa situazione andrebbe quindi chiesto a chi in questi anni si è succeduto al ministero agricolo.
Dal 2018 FederBio ha ulteriormente implementato questa piattaforma, ora abbiamo una strumentazione digitale in linea con le tecnologie dell’agricoltura di precisione che consente di avere un monitoraggio in tempo reale anche di quello che succede in campagna o in stalla.
Abbiamo sviluppato questa funzionalità che permette alle aziende capofiliera di avere sotto controllo in tempo reale quello che succede nei campi dei loro fornitori, dato che quello che la certificazione biologica deve garantire ai consumatori è anzitutto il rispetto di un metodo di coltivazione o allevamento.
Dobbiamo fare una transizione digitale di tutto il sistema di certificazione, partendo dal fascicolo grafico del SIAN per lavorare tutti su un unico sistema. Questo è quello che si doveva fare ormai anni fa e che viene continuamente rinviato.
Dal vostro osservatorio state riscontrando un aumento di questi casi o no?
Noi e le Autorità sappiamo bene quali sono le zone ed i prodotti più a rischio di frode. Le filiere più a rischio sono: le granaglie (cereali compreso il riso e proteoleaginose), il pomodoro da industria e le orticole non solo da industria, considerando che in biologico è obbligatoria la rotazione.
Ci sono anche territori dove i fenomeni di frode ormai sono ripetuti e di dimensioni preoccupanti, come ad esempio la provincia di Foggia per i quali andrebbero fatte attività di controllo in coordinamento con le Autorità di repressione delle frodi incardinate sul ministero agricolo, come ICQRF e Carabinieri e con il supporto della Guardia di Finanza. L’istituzione da parte del ministro Lollobrigida di una cabina di regia a tutela dei prodotti Made in Italy riteniamo debba interessarsi anche di questi fenomeni di frode dato che il biologico italiano è leader anche per le esportazioni.
Ripeto: situazioni note, problemi noti, soluzioni già implementate e finanziate in passato da noi, dagli organismi di certificazione e da Accredia ma ancora manca la risposta definitiva da parte del ministero competente, senza la quale il rischio di frodi anziché diminuire non potrà che crescere.
Cosa ci puoi dire delle frodi nel settore vitivinicolo?
Il settore vitivinicolo si trova in una situazione migliore per diversi motivi. C’è una crescente sovrapposizione tra il biologico ed i territori dei Consorzi. Come sai, abbiamo ormai Consorzi (ad esempio Franciacorta, Chianti, Prosecco) che cominciano ad avere percentuali di bio rilevanti.
C’è dunque un doppio controllo di fatto, infatti sulle DOC c’è ad esempio anche un controllo di natura quantitativa legato ai disciplinari. Devo dire che sono anche aziende che hanno un diverso rapporto con il mercato, se andiamo a vedere quali sono le aziende che negli anni hanno frodato, molte sono su filiere “anonime” e nelle fasi intermedie della filiera. Sino ad oggi non abbiamo avuto evidenze che quello del vino biologico sia un settore a rischio.
Quali sono le modalità più concrete con cui i consumatori possono tutelarsi da questo tipo di frodi?
Quando accadono questi episodi noi stessi allertiamo le catene distributive e gli operatori che sono nel nostro sistema. I sistemi di autocontrollo della vendita al dettaglio, dei discount e della GDO hanno dimostrato una capacità di ritiro rapido quando allertati molto efficace. Quando riusciamo ad individuare le aziende coinvolte nelle frodi, l’intervento è quindi solitamente molto veloce ed abbiamo una unità di crisi dedicata.
Sicuramente sul prodotto a marchio le aziende stanno molto attente, non rischiano un’immagine che spesso riguarda solo in percentuale ridotta il prodotto biologico e quindi hanno sviluppato dei sistemi di qualifica dei fornitori e di monitoraggio in alcuni casi anche attraverso la nostra controllata FederBio Servizi.
Per questo nei canali tradizionali, quelli della GDO e della vendita al dettaglio specializzata, c’è più sicurezza rispetto ai canali esteri e ai canali meno strutturati che gestiscono prodotti sfusi o senza marchio.
C’è sempre il tema prezzo, mentre sul convenzionale non c’è un punto di riferimento, sul biologico c’è un metodo di produzione certificato, c’è una tracciabilità, ci sono dei limiti e dei vincoli per cui se il prezzo del biologico è troppo simile a quello del convenzionale, è già un indicatore che qualcosa non quadra, il consumatore deve leggere le etichette e avere delle informazioni aggiornate anche sui prezzi.