Da sempre oggetto di dibattito, la qualità degli spumanti Metodo Charmat, a confronto con quelli Metodo Classico, viene spesso dato per scontato che sia più bassa.
In realtà, si tratta di prodotti non sempre comparabili, con pubblico, occasioni di consumo e caratteristiche organolettiche distanti tra loro.
I prodotti spumantizzati con Metodo Charmat mettono in primo piano l’uva, esaltandone i profumi di fiori e frutta freschi, oppure il sentore moscato per le varietà aromatiche. Consentono, inoltre, di dare vita a spumanti dolci o abboccati, interrompendo facilmente la seconda fermentazione con una filtrazione sterilizzante.
Un’altra caratteristica è la velocità con cui avviene la rifermentazione, che tuttavia può essere un’arma a doppio taglio: con il Metodo Martinotti può durare anche solo pochi giorni, favorendo l’economia aziendale, ma determinando prodotti meno complessi e con bollicine a grana più grossolana.
Il Metodo Classico, invece, mette in risalto il lavoro dei lieviti e la loro sinergia con gli altri profumi del vino base. Di conseguenza è adatta soprattutto per vitigni neutri.
I vini, stando a contatto con i lieviti almeno una decina di mesi, sviluppano maggiore complessità, pienezza di bocca e capacità di invecchiamento, senza dimenticare la bollicina via via più fine quanto maggiore è la permanenza sui lieviti.
Anche l’aggiunta della liqueur d’expedition, con la ricetta segreta di ogni azienda, contribuisce a creare complessità e carattere al prodotto.
È il processo produttivo più evocativo e complesso, soprattutto se con alcuni passaggi svolti a mano – come il remuage o il degorgement à la volée – permette di creare un posizionamento più alto agli occhi del consumatore.
Nonostante le enormi differenze di stile, dovute ad una funzione diversa del prodotto, il percepito del consumatore meno accorto potrebbe essere che siano due prodotti comparabili, ma di qualità differenti.
In questo caso, la lotta della qualità agli occhi del consumatore viene persa dal Metodo Martinotti. E si abbassa notevolmente anche la willingness to pay, con enormi differenze dei prezzi a scaffale, non dovute soltanto al maggiore costo di produzione del Metodo Classico.
Ed è quindi ovvio che alcuni produttori di spumanti Metodo Charmat tentino di far evolvere il proprio processo produttivo, per avvicinarlo il più possibile al Metodo Classico.
Secondo quanto riporta Shelby Vittek di Sevenfifty Daily nell’articolo “The Growing Movement Behind Long Chamat Sparkling Wine”, è in questo contesto che nascono gli spumanti Metodo Charmat lungo, caratterizzati da un prolungato affinamento sur lies in autoclave – dai 3 ai 12 mesi nella maggior parte dei casi – con conseguenze dirette anche sulla percezione sensoriale e aromatica.
Le autoclavi per il Metodo Martinotti lungo sono dotate di dispositivi per la movimentazione dei lieviti, una sorta di battonage, per favorirne l’autolisi. Così verranno rilasciate mannoproteine e molecole aromatiche, che altrimenti rimarrebbero all’interno delle cellule di lievito. Aiuteranno a sviluppare il corpo e l’aroma del vino, pur sempre mantenendone la freschezza.
Con questa variante si potrà, senza rinunciare ad una maggiore complessità, garantire la semplicità di approccio degli spumanti Metodo Charmat.
In sostanza, il modo più corretto per interpretare i prodotti a Metodo Charmat lungo è quella di considerare il fine a cui è destinato ogni spumante. Se deve esaltare la freschezza di profumi, l’aroma moscato e la facilità di beva, il Metodo Charmat corto è certamente il più adatto.
Se non deve raggiungere questo fine, ma il vitigno potrebbe essere vinificato anche con Metodo Classico, il Metodo Charmat lungo potrebbe tranquillamente essere un’alternativa, per avere un prodotto che comunque goda di una buona complessità, ma sia più semplice e comprensibile al consumatore.