Anche quest’anno il vecchio camper Gino si è sciroppato quasi 6.000 km, questa volta in giro per l’Europa dopo due anni nei quali ci aveva accompagnato nel nostro Belpaese. Abbiamo visitato oltre 50 aziende vitivinicole tra Portogallo, Spagna e Francia per comprendere i loro modelli enoturistici, il loro livello di accoglienza.
Quello che è emerso, e che vale per tutti i tre Paesi sopracitati, è che il turismo del vino viene ormai visto come una straordinaria opportunità in tutte le nazioni vitivinicole mondiali.
Non è nemmeno possibile stilare una precisa classifica dei migliori Paesi dal punto di vista enoturistico, anche se è indubbio che Sud Africa e California (Napa e Sonoma in primis) rappresentano tutt’oggi il principale punto di riferimento sul fronte enoturistico.
Il nostro obiettivo non era e non è stilare classifiche, ma cercare di comprendere meglio come si può trasformare una straordinaria potenzialità come quella del turismo del vino in una reale opportunità economica.
E per fare questo tipo di analisi, inutile negarlo, non servono vaghe teorizzazioni, bensì lo studio concreto di case history vincenti (assieme ai progetti che, invece, non funzionano), cioè la visita ad aziende che stanno cercando di investire in maniera efficace sul fronte dell’accoglienza.
Per questa ragione, senza voler assolutamente apparire presuntuosi, crediamo che l’aver visitato negli ultimi tre anni quasi 450 aziende enoturistiche in giro per il mondo ci accrediti come una fonte autorevole di analisi sullo sviluppo del turismo del vino a livello internazionale.
Questo tour europeo ci ha portato ad ulteriori approfondimenti e riflessioni che saranno oggetto non solo di altri numerosi articoli ma anche di contenuti preziosi per la nostra attività formativa.
Francia
Partiamo dalla Francia, che rimane il Paese vitivinicolo più prestigioso al mondo. Dopo parecchie visite nelle zone storiche del vino francese come la Champagne, la Borgogna e Bordeaux, quest’anno ci siamo concentrati in una delle aree vitivinicole più trendy al mondo, la Provenza, che grazie ai suoi apprezzatissimi rosé ha visto accrescere in maniera straordinaria la sua notorietà anche sul fronte vitienologico.
Devo ammettere che sono rimasto abbastanza deluso dal livello enoturistico della Provenza. Visto il successo dei rosé e la notorietà di parecchie aziende di questo suggestivo territorio, così apprezzato anche sul fronte turistico (basti citare la mitica Costa Azzurra) mi aspettavo qualcosa di più. O, per essere più precisi, mi aspettavo aziende capaci di offrire più esperienze e non concentrarsi quasi esclusivamente sul prodotto.
La cantina e il vino sono stati i punti cardinali della gran parte delle visite enoturistiche in terra di Provenza con poche eccezioni, tra le quali merita sicuramente una citazione Château La Martinette, a Lorgues, dove è possibile vivere una serie straordinaria di esperienze (dallo yoga “in vigna” ad una ristorazione di primissimo livello).
Ma sicuramente deve far riflettere come ancora la maggioranza delle realtà enoturistiche, in particolare nella cosiddetta vecchia Europa, continua a concentrarsi esclusivamente sull’esperienza del prodotto. Non c’è nulla di male ma è indubbio che questo intercetta solo parzialmente le aspettative di gran parte dei turisti del vino.
Continua ad essere fortemente radicato il pensiero che uscire dal seminato del vino rischi di penalizzare l’immagine aziendale dal punto di vista vitienologico, spesso anche per i produttori più grandi.
Spagna
Dalla Provenza ci siamo spostati in Spagna, nella zona produttiva più famosa della Rioja. Un territorio che, soprattutto nell’ultimo decennio, ha sviluppato moltissimo l’attività enoturistica e, non a caso, proprio in questa denominazione si trovano due delle cantine considerate tra le più belle e famose anche dal punto di vista turistico a livello internazionale: Marques de Riscal e Ysios, dove l’elemento “estetico”, “architettonico” gioca un ruolo chiave nella qualificazione dell’immagine dell’azienda.
Si tratta di un modello enoturistico che potremmo definire “villaggi o cittadelle del vino”, dove la grandezza e la peculiarità dei luoghi rappresentano elementi fondamentali dell’accoglienza e dell’attrattività dell’azienda. Un modello che per certi aspetti è molto più simile al format enoturistico del nuovo mondo. E, guardando i numeri di visitatori che registrano le due realtà sopra citate, non si può negare che si tratti di un modello che attrae anche moltissimi enoturisti europei. Luoghi dove il vino è certo importante, ma non rappresenta la prima motivazione della visita.
È chiaro che anche in Rioja come in Provenza esistono diverse tipologie di aziende e, di conseguenza, diversi modelli di accoglienza, ma ciò non toglie che spesso sono le realtà più grandi a dare l’imprinting più rilevante all’offerta enoturistica di un territorio.
Portogallo
Infine il Portogallo e, in particolare, il Douro, forse uno dei territori del vino che ha avuto la più profonda trasformazione negli ultimi vent’anni diventando da denominazione concentrata solo nella produzione di Porto ad una delle terre vitivinicole più diversificate a livello internazionale.
Qui, l’enoturismo è “scritto” dal fiume Douro che non solo caratterizza il territorio in maniera indelebile dal punto di vista paesaggistico ma è il principale tramite logistico per il flusso degli enoturisti. Sicuramente rappresenta oggi l’esempio più vincente di come sfruttare un elemento “naturale” per veicolare l’immagine (ma anche i flussi turistici) in una terra del vino.
Queste sono solo le prime osservazioni di natura generale che emergono dal nostro Wine Tour 2022; a breve condivideremo altri dettagli e approfondimenti volti soprattutto a studiare meglio le vie migliori per lo sviluppo del turismo del vino del nostro Paese.