Qual è la risorsa che oggi serve di più alle imprese del vino italiane? La competenza. Non sono sicuro che, se avessimo rivolto questa domanda agli imprenditori e manager del vino qualche anno fa, avremmo avuto la stessa risposta.

C’è stata una grande convergenza verso questa risposta che è stata declinata in varie forme: investire maggiormente sulle risorse umane; sviluppare maggiori conoscenze sulle aspettative dei consumatori; migliorare la propria capacità di export; formare hospitality manager competenti; aumentare le capacità di gestione di impresa. E potremmo andare avanti ancora molto ma alla fine il denominatore comune è sempre lo stesso: la competenza.
Tutti sono infatti coscienti che produrre, comunicare e vendere vino è sempre più complesso. Ormai intuito e capacità relazionali sono solo delle ottime soft skills che da sole non sono certo più sufficienti per supportare la competitività di un’impresa del vino.

Ma tutti sono anche consapevoli che, per investire in competenza, è essenziale mettere al centro le risorse umane e credere fortemente nella formazione.
Una formazione che non può, però, essere una tantum ma deve essere continua perché oggi le evoluzioni dei mercati sono così rapide ed imprevedibili che è necessario un costante aggiornamento.

La competenza, inoltre, è frutto di analisi approfondite dei mercati e, in particolare, delle mutevoli e varie aspettative dei consumatori, soprattutto delle giovani generazioni.
Su quest’ultimo fronte molte imprese denunciano la mancanza di informazioni serie e affidabili. E, ancora una volta, diventa indispensabile il fare squadra al fine di poter finanziare ricerche sempre più autorevoli, in grado di supportare i manager nelle loro scelte, nelle loro strategie.
Oggi, inoltre, molti imprenditori e manager ci hanno evidenziato la necessità di avere competenze multidisciplinari. L’iper specializzazione rischia di essere pericolosa e poco efficace se un manager non ha una visione di insieme dell’impresa e del mercato.

Lo hanno capito molto bene, ad esempio, gli enologi che stanno diventando figure sempre più “multitasking”, capaci di pensare alla cantina con una sguardo rivolto anche al mercato.
Ma lo stesso vigneto oggi ha bisogno di nuove competenze, preso com’è da mutazioni climatiche sempre più preoccupanti e da un tema come la sostenibilità che inevitabilmente sta rivoluzionando molti concetti tecnico-scientifici del passato.
Rimane indubbiamente il mercato e le strategie commerciali connesse ad esso il punto più dolente del nostro sistema vitivinicolo.

Alle grandi crescite qualitative del prodotto non sempre sono seguite altrettante capacità sul fronte marketing e commerciale.
Su questi ultimi aspetti si giocherà gran parte del futuro del vino italiano. E la sfida, non c’è dubbio, sarà vincente solo se aumenteranno fortemente le relative competenze.

Come costruire nuovi modelli di partnership con gli importatori? Come presidiare meglio un mercato? Come migliorare il posizionamento delle nostre denominazioni? Come diventare competitivi sul fronte dell’enoturismo e della vendita diretta? Come riuscire finalmente a rendere riconoscibili le nostre imprese?
Sono alcune delle tante domande che le imprese vitivinicole del nostro Paese si stanno ponendo.

Al momento c’è un’unica certezza: senza competenza non ci può essere futuro.