Nelle scorse settimane, in numerosi giornali portoghesi è stata pubblicata una lettera aperta che già nel titolo faceva capire molte cose: “Il Douro merita di meglio”. Il Douro è la nota zona vitivinicola del Portogallo, una delle più popolari al mondo grazie, in particolare, alla produzione del Porto.
Da numerosi anni, però, il Douro è diventata una denominazione rilevante anche per altre tipologie di vino (sia bianchi che rossi fermi) e, soprattutto, si può considerare una delle regioni vitivinicole più interessanti e sviluppate dal punto di vista enoturistico.
Inoltre, la bellezza paesaggistica del Douro, insieme alla sua storia legata al vino, gli ha consentito di vedersi riconoscere nel 2001 come sito Sito Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
Un territorio vitivinicolo, pertanto, straordinario e caratterizzato da un numero impressionante di piccolissimi produttori. Quasi 19.000 viticoltori, infatti, con una superficie media di meno di 1 ettaro e circa 1.000 aziende vinificatrici.
La lettera aperta dei produttori del Douro arriva dopo un decennio di notevoli difficoltà sul fronte commerciale che ha registrato un calo di quasi il 25% del volume di vendite di Porto mentre, nel medesimo periodo, le vendite di vini DOC Douro sono cresciute significativamente fino a raggiungere le 5,2 milioni di casse.
Mi è sembrato utile dare spazio nel mio editoriale alla lettera aperta dei produttori del Douro per due importanti ragioni: da un lato perché evidenzia problematiche molto simili a tante nostre denominazioni; dall’altro perché rappresenta un ottimo esempio di come i produttori di tante nostre denominazioni potrebbero con trasparenza evidenziare le loro problematiche e richiedere adeguate soluzioni.
Nonostante questi profondi cambiamenti – è scritto nella lettera aperta dei produttori del Douro – il quadro normativo non è cambiato, rimanendo invariato da quasi 100 anni. “Il sistema attuale – è scritto – sta promuovendo distorsioni devastanti che influiscono non solo sul prezzo dell’uva, ma anche sulla sostenibilità socioeconomica dei viticoltori, delle aziende e sul futuro dei loro vini sui mercati internazionali”.
Il sistema del “beneficio” – introdotto negli anni ’30 – stabilisce la quantità di uva destinata alla produzione del vino di Porto. Questo limite viene adeguato ogni anno, in base a una serie di fattori, in particolare la qualità e i livelli della domanda e dell’offerta.
Tuttavia, le uve da vino DOC Douro vengono vendute sul mercato libero e, di norma, in un contesto di eccesso di offerta. Il Douro soffre di volumi portuali ridotti e di un contesto normativo obsoleto. Di conseguenza molte uve vengono vendute al di sotto del costo di produzione. I danni per i viticoltori sono evidenti e provocano l’abbandono dei vigneti e lo spopolamento della regione. Una situazione aggravata dai cambiamenti climatici che stanno colpendo gravemente la nostra regione.
Altrettanto grave è il fatto che troppi vini sono in vendita a livello internazionale a prezzi paragonabili ai più economici del mondo, cosa che non sarebbe mai possibile se i viticoltori ricevessero un prezzo equo per le loro uve. Stiamo trasmettendo il messaggio che il Douro produce vini economici, quando nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Il nostro costo di produzione, per kg, è tra i più alti al mondo e la resa per ettaro è tra le più basse, grazie alle caratteristiche uniche dei vigneti di montagna del Douro.
Negli ultimi 15 anni, diversi studi condotti da enti rinomati, tra cui l’UTAD (Università di Trás-os-Montes e Alto Douro), hanno concluso che il Douro non è sostenibile in queste circostanze e che necessita di una riforma del suo quadro normativo. Ma nulla è stato fatto, nonostante le promesse dello Stato.
Nessuna regione vinicola può resistere così a lungo a questo squilibrio, subendo così tanti danni alla propria immagine e all’economia delle sue comunità. L’incomprensibile inerzia sta danneggiando una delle regioni vinicole più storiche, belle e stimolanti del mondo. Esistono, tuttavia, soluzioni alla nostra portata, vale a dire misure di emergenza, a breve termine e altre misure più strutturali, a medio e lungo termine. Il Douro ha bisogno di una strategia per il futuro costruita su basi scientifiche e guidata da un ente indipendente, in consultazione con le principali parti interessate della regione.
Facciamo appello ai produttori, ai viticoltori, ai commercianti e alle loro associazioni, al Ministero dell’Agricoltura, al Douro CIM e al Douro e Porto Wine Institute, affinché affrontino urgentemente questa situazione. Dovremmo sentirci orgogliosi del Douro, della sua gente e dei suoi vini, ma attualmente possiamo solo provare frustrazione e tristezza per i danni gravi e inutili che l’inerzia nel modificare il quadro normativo e istituzionale sta causando.