Era ormai da alcune settimane che aspettavamo l’annuncio ufficiale del rinvio anche per quest’anno di Vinitaly. Alzi la mano tra gli addetti ai lavori, aziende in primis, che non avevano già da tempo considerato impossibile la realizzazione di Vinitaly seppur nelle date spostate a giugno.
Come pure tutti, in cuor nostro, speravamo di sbagliarci perché questo avrebbe significato aver lasciato alle spalle questa maledetta pandemia.
Ora che l’annuncio è ufficiale penso sia utile fare alcune riflessioni con l’obiettivo, lo dichiaro subito a scanso di equivoci, di garantire al sistema vino Italia un brand prezioso come Vinitaly.
Ritengo importante condividere queste riflessioni perché a parer mio non è stata condotta in maniera adeguata la comunicazione di VeronaFiere in questi mesi riguardo al tema Vinitaly.
Poteva essere assolutamente legittima la scelta di “provare” le date di giugno ma non si doveva assolutamente dare la sensazione alle imprese e a tutto il sistema che ruota attorno ad esse (Consorzi di tutela, Regioni, Camere di commercio, ecc.) che il Vinitaly a giugno 2021 fosse una guerra da vincere a tutti i costi pena la perdita di un’iniziativa così importante a vantaggio di competitor internazionali.
Siamo stati letteralmente sommersi in questi mesi di mail e telefonate di aziende che ci chiedevano di intervenire per suggerire a Vinitaly di spostare l’evento al 2022 come già aveva fatto Prowein. Molte si sono dette amareggiate di aver ricevuto da parte di Vinitaly una richiesta di conferma di presenza all’evento a giugno pena la decadenza della loro prelazione sullo stand delle edizioni precedenti.
Abbiamo preferito non dare troppa enfasi a questa tematica consapevoli dell’importanza di Vinitaly non solo per VeronaFiere, per la città di Verona, ma anche per tutta la filiera vitivinicola italiana.
Ciononostante ritengo che la comunicazione di VeronaFiere avrebbe potuto essere meno perentoria, molto più aperta al dialogo con le imprese, sicuramente più realista. Sognare un Vinitaly 2021 era assolutamente bello ma poi era necessaria quella razionalità oggi più che mai indispensabile.
Detto questo veniamo al futuro, perché è di quello che ci dobbiamo preoccupare adesso.
Alcuni osservatori del nostro settore in questi giorni hanno in qualche misura ipotizzato che l’ulteriore rinvio di Vinitaly possa rappresentare un vero rischio per il futuro di questa manifestazione, evocando addirittura competitor, tedeschi di Prowein in primis, pronti a brindare sulle “ceneri” della kermesse veronese.
E’ indubbio che il supporto dato, ad esempio, dal Governo tedesco al loro sistema fieristico, non è paragonabile a quanto è stato previsto nelle manovre governative italiane (anche se su questo fronte purtroppo l’incertezza continua a regnare sovrana).
Auspicare, pertanto, che anche le nostre istituzioni supportino molto di più le nostre strutture fieristiche è quanto mai opportuno ma questo non può diventare l’unico angolo di lettura dell’attuale situazione di Vinitaly.
La domanda, quindi, che riteniamo oggi fondamentale porsi è la seguente: continuiamo a ritenere strategica per il nostro sistema vitivinicolo una manifestazione come Vinitaly e tutto ciò che ruota attorno a questo ormai storico brand?
La mia risposta, per quello che può contare, è assolutamente sì. Ma dal nostro osservatorio possiamo dire che questo pensiero è condiviso da gran parte dei protagonisti del vino italiano.
Non è un caso, quindi, che in queste ore stiano arrivando un mare di comunicati da parte di aziende, consorzi, organizzazioni professionali che confermano il loro supporto a Vinitaly augurandogli (e augurandosi) un’edizione 2022 finalmente in grande spolvero.
Chiusa pertanto la parentesi del doveroso endorsement al prestigioso evento veronese è altrettanto doveroso e lecito domandarsi come fare evolvere al meglio il brand Vinitaly in tutte le sue valenze.
Sarebbe, infatti, un grave errore perdere questa opportunità di rimodulare al meglio non solo una manifestazione così importante per il vino italiano ma anche i suoi possibili sviluppi, soprattutto sul versante della promozione del made in Italy enologico nel mondo.
E siccome abbiamo ora un altro lungo anno da aspettare perché non aprire una riflessione seria, trasparente, concreta sul Vinitaly del prossimo decennio?
Perché non far diventare, ad esempio, l’iniziativa di ottobre, preannunciata dagli organizzatori di VeronaFiere, come la presentazione di una serie di progetti che il sistema vino Italia propone per rendere ancor più utile e performante Vinitaly, un brand che appartiene a tutto il nostro amato settore vitivinicolo? E a proposito di ottobre è giunta in questi giorni la lettera aperta di Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week (in programma dal 2 al 10 ottobre 2021) sull’importanza, per la filiera vitivinicola, di fare sistema, evitando, tra le tante cose, di creare sovrapposizione di eventi. Certo le sovrapposizioni sono assolutamente da evitare, ma oltre a questo sarebbe veramente bello sognare un sistema vino italiano finalmente più coeso e sicuramente Vinitaly può rappresentare il “punto di riferimento”. E in questa direzione è auspicabile che Vinitaly aumenti ulteriormente la sua capacità di essere anche un centro di confronto costante per tutta la filiera vino italiana.
Oggi la miglior difesa è l’attacco. Non arroccarsi sulle paure, ergendo muri contro i nemici ma dimostrando che si è utili e preziosi per tutta la filiera vitivinicola del nostro Paese.
Vinitaly ha tutte le carte in regola per diventare un “contenitore” ancor più strategico per lo sviluppo della competitività del vino italiano, a partire dalla forza delle nostre imprese che sono convinto non mancheranno di sostenerlo anche in futuro.