Mentre il mondo della produzione, anche quella vitivinicola (ma non solo), continua a riflettere sulla possibilità o meno di investire definitivamente in sostenibilità in tutte le sue forme, il mondo dei consumatori appare invece sempre più determinato a ricercare brand di cui fidarsi.

In particolare, sembrano proprio i giovani (la cosiddetta Generazione Z, quella tra i 16 e i 24 anni) ad avere una visione molto precisa della loro responsabilità sul fronte dei consumi, mentre crescono le loro aspettative nei confronti delle aziende.

Molto interessante a questo riguardo una recentissima indagine della Wunderman Thompson proprio su come la Gen Z americana si approccia alle proprie scelte di acquisto. Innanzitutto, oltre il 60% dei giovani americani intervistati è convinta che i brand che scelgono in qualche misura li rappresentino (“brand is an expression of who they are”). Ma (ancor più indicativo), quasi l’80% di loro vuole sentirsi orgoglioso dei brand che acquistano e quindi desiderano che i loro soldi vadano ad imprese di cui si fidano.

E allora di cosa si fidano i giovani americani? L’85% ha dichiarato che preferirebbe brand che non pensano solo al profitto. L’80% ritiene che i brand dovrebbero migliorare la vita delle persone. E su quest’ultimo fronte la pandemia ha aumentato ulteriormente il desiderio dei giovani americani di ricercare brand che si assumano la responsabilità di costruire un migliore “new normal”. Oltre il 74% dei giovani intervistati ha dichiarato che la pandemia ha consentito di focalizzarsi su quello che è veramente importante per loro.

Altro aspetto che a mio parere potrà avere una forte influenza anche sul fronte della sostenibilità è una maggiore attitudine al “risparmio” della Gen Z. Il 65% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di essere più “risparmiatore” che “spendaccione”. Ma quasi il 90% ritiene che iniziare a risparmiare è molto importante per garantirsi oggi un futuro migliore.

In conclusione la ricerca evidenzia come il 75% dei giovani americani ritiene che la loro generazione sarà in grado di cambiare il mondo e sono disposti a combattere per questo.
Insomma, non si può negare, pur facendo la tara a queste tipologie di indagini, che sono moltissimi i segnali che evidenziano come le giovani generazioni abbiano una maggiore coscienza rispetto al loro ruolo nel poter migliorare il mondo. E sembra che questo atteggiamento non sia “solo” ideologico come nel passato, ma molto più pragmatico. Proprio per questo pragmatismo espresso oggi da quella che potremmo definire la generazione di Greta, è plausibile immaginare che, a breve, la scelta verso produzioni assolutamente sostenibili non sarà più un optional ma un obbligo.

A mio parere, sarebbe un grave errore da parte delle aziende attendere l’obbligatorietà delle scelte sostenibili perché questo significherebbe essere già in ritardo con tutti i conseguenti rischi di mercato. Un esempio, a questo riguardo, è relativo al tema del peso delle bottiglie di vino. Nonostante ormai da anni si sottolinei la necessità di ridurne il peso, che ha un impatto notevole sull’ambiente (ogni kg di vetro vale 2,7 kg di CO2), sono ancora tantissime le etichette di vini che viaggiano nel mondo in bottiglie pesantissime (anche ben oltre il kg).

È vero che il mercato dà ancora segnali contrastanti su questo fronte, con consumatori (soprattutto in Asia) che continuano a vedere nelle bottiglie pesanti un sinonimo di prestigio, ma sono anche molti nel mondo che finalmente comprendono che il binomio vino e contenitore pesante è solo un danno per l’ambiente. Non a caso, nei Paesi produttori dove c’è più spirito di squadra (come Australia e Nuova Zelanda) sono sempre di più i produttori che hanno fatto la scelta di alleggerire notevolmente le loro bottiglie, anche quelle dedicate agli sparkling.
Da noi si ha la sensazione che questo processo, pur in atto, vada ancora a rilento ed è auspicabile una accelerazione.

Ma questo è solo un esempio perché la sostenibilità richiesta dai giovani non ha confini: va dai processi produttivi al confezionamento, dall’etica produttiva alla sostenibilità sociale ed economica.
Le aziende del vino italiane devono essere pronte oggi a tutto questo, e sono convinto che chi lo farà senza riserve e riuscirà a comunicarlo al meglio avrà davanti un futuro sempre più roseo.
Chi invece aspetta segnali ancor più evidenti è già in ritardo.