Dopo oltre due anni di attesa, eccoci entrati nella cosiddetta “nuova normalità”. In questi due anni, per quanto abbia scritto di non aver mai creduto fino in fondo al concetto del new normal, oggi mi sento di affermare di avere sbagliato.

Questo Vinitaly 2022, a mio parere, non è una ripartenza ma è un nuovo inizio dove le incognite prevalgono assolutamente sulle cose che avevamo già sperimentato e conosciuto nel passato.
E di fronte ad uno scenario così incerto la cosa peggiore che potremmo fare è mettere la testa sotto la sabbia.

Eppure sento una strana aria di rimozione o, termine che oggi va molto di moda, di negazionismo.
C’è la paura che ammettere che vi sono molte difficoltà, aree di rischio, sia pericoloso, una sorta di dichiarazione di fallimento.
Ma in realtà è l’esatto contrario. È il fare finta di niente che ci mette molto più a rischio, che ci porta ad arrivare impreparati di fronte alle nuove sfide che le imprese del vino si trovano oggi e nel prossimo futuro a dover affrontare.

L’importanza del coraggio

In situazioni di questa natura, sono due gli atteggiamenti più utili: lucidità e coraggio. Sì, serve anche coraggio.
Oggi, infatti, è sicuramente il tempo in cui il coraggio assume un senso molto importante. Coraggio non inteso come incoscienza, ma come consapevolezza che per superare gli ostacoli è necessario non essere ottenebrati dalla paura, dalla sensazione che sia tutto vano.
Un coraggio dettato dal realismo e dalla consapevolezza dei valori del vino italiano e delle tantissime imprese che lo rappresentano.
Ma un coraggio anche frutto della necessità di darsi energie nuove al fine di superare ostacoli che forse non sono mai stati così alti anche per il nostro sistema vitivinicolo.

Perchè il mondo del vino deve fare sistema

Il 2021 ha testimoniato che il vino italiano, ogniqualvolta si riaprono spiragli, è in grado di intercettare con determinazione le nuove opportunità. I record dell’export dello scorso anno, infatti, pur frutto del cosiddetto “rimbalzo” sono anche la dimostrazione di una capacità di “rinascita” straordinaria del nostro sistema, di una flessibilità che forse non ha eguali al mondo.
Ma oggi, a questa “flessibilità” deve aggiungersi una maggiore capacità delle nostre imprese di fare sistema a partire all’interno delle loro denominazioni.
Invece devo ammettere, a malincuore, che anche in questi giorni giungono notizie di conflitti all’interno di Consorzi di tutela, di guerre tra produttori con visioni diverse.

Fare sistema non significa avere tutti le stesse idee, ci mancherebbe, ma fare di tutto e concentrarsi sui fattori che uniscono e non su quelli che separano.
E la sfida che inevitabilmente deve unire tutti è la valorizzazione del vino italiano. Una sfida difficilissima ma fondamentale per consentire alle nostre denominazioni il corretto posizionamento, l’adeguata reputazione che sono alla base per garantire la sostenibilità economica delle imprese.
Su quest’ultimo fronte, sempre in questi mesi, ci sono giunte molte grida di allarme di imprese, tra privati e cooperative, che stanno vivendo una fase letteralmente drammatica che mette a rischio serio la loro sopravvivenza.

Pur essendo realista e considerando talvolta inevitabili certi fallimenti, ritengo sia molto pericoloso rifugiarsi nel cosiddetto “mors tua vita mea”. La difficoltà di molte imprese, di tante denominazioni ha ripercussioni estremamente pericolose su tutto il sistema, non possiamo negare che non sia così.
Un comparto maturo è anche quello che sa fare analisi serie sul proprio andamento, che sa mettere a nudo le sue fragilità cercando soluzioni per superarle.
Per questa ragione penso che tutti siamo felici di ritrovarci a Vinitaly, ma approfittiamo anche di questi quattro giorni tra i bei padiglioni di VeronaFiere per dirci la verità; l’unica base dalla quale si può realmente ripartire per essere più forti.