L’evento digitale ITA.BIO, a cura di Nomisma con l’intervento di ICE e FederBio, è stato interamente dedicato all’export bio italiano in Cina ed ha portato alla luce numerosi dati interessanti e diverse prospettive per ciò che riguarda l’internazionalizzazione dei prodotti biologici e naturali italiani.
I prodotti bio italiani, infatti, vantano una prospettiva di crescita annua del +8% con un valore di 2,6 miliardi di euro, e quello cinese, come riportato da Carlo Maria Ferrara, Presidente Ice, rappresenta un mercato di assoluto riferimento per i prodotti bio Made in Italy.
La crescita economica nel Paese di Mezzo ha portato ad un incremento esponenziale del reddito medio disponibile, che si è inesorabilmente affiancato ad un incremento dei consumi privati soprattutto per i prodotti agroalimentari ed in particolare per quello bio.
In Cina, si è infatti denotato, come rimarcato da Gianpaolo Bruno, Coordinatore dell’Agenzia ICE Cina e Mongolia, una crescita esponenziale per le vendite dei prodotti biologici ed a oggi è il 4° mercato al mondo di prodotti bio con un valore settoriale di circa 8 miliardi di euro.
Crescita motivata anche dai numerosi scandali alimentari che hanno afflitto il mercato agroalimentare cinese.
I canali di distribuzione più importanti sono principalmente i supermercati, la consegna a domicilio nelle grandi città, ristoranti ed i negozi specializzati.
Per quanto riguarda il tipico consumatore cinese di prodotti biologici, è interessante notare la quota del 40% dei consumi che deriva principalmente dalla middle upper class, ovvero le famiglie dei cosiddetti “colletti bianchi”. Il fenotipo del consumatore prodotto bio è, infatti, rappresentato da una donna millennials 31-40 anni, che vive nelle città urbane come Shanghai e Pechino.
In seconda posizione troviamo famiglie con neonati, infatti il settore baby food bio è tra le categorie che vanta maggiori vendite, con a pari merito con l’Horeca.
Per ciò che concerne i prodotti bio italiani, secondo l’analisi di Nomisma, l’Italia si posiziona al primo posto come qualità di prodotti secondo il consumatore cinese, infatti nel 2020 il 19% dei consumatori cinesi di marchi biologici, ha acquistato almeno un prodotto italiano.
Quota che si vede raddoppiata se i consumatori hanno visitato il nostro Bel Paese negli ultimi anni, con la preferenza verso i prodotti Food&Beverage bio nostrani.
Sicuramente tra le caratteristiche favorevoli vi è un interesse generale per i consumatori cinesi inerenti ai prodotti Made in Italy come sinonimo di qualità e sicurezza, coadiuvato da non un prezzo non eccessivo.
Tuttavia, la necessità di certificazioni aggiuntive, i costi alti di promozione, i vincoli doganali e tariffari ed rappresentano delle barriere d’ingresso sul mercato cinese, soprattutto per le PMI italiane.
Infatti, come ci rivela Silvano Brescianini, direttore generale di Barone Pizzini, gruppo vinicolo che con una produzione annua media 600 mila bottiglie di vino biologico, ha trovato non poche difficoltà nell’espandersi sul mercato cinese. Il loro Franciacorta ha dovuto in primis sormontare la tradizione della barriera culturale, che non prevede il vino, specialmente se sparkling, come bevanda di quotidiano consumo. Altre difficoltà si sono riscontrate in merito alle traduzioni in lingua cinese necessarie apposte sopra la bottiglia, che troppo spesso oscuravano l’etichetta originale non permettendo così una chiara comunicazione del brand aziendale.
L’export di vini bio in Cina, pertanto, si configura con innumerevoli difficoltà e vige la necessità di partire preparati dal proprio mercato d’origine con un progetto a lunghissimo termine se si vogliono dei riscontri adeguati.
I consigli che derivano da questa conferenza con focus l’export dei prodotti italiani in Cina sono caratterizzati dal comprendere la complessità del mercato cinese e preferire prodotti con una buon rapporto qualità-prezzo.E’ altrettanto importante, informarsi sulle regolamentazioni doganale, legislative e sui requisiti per l’ottenimento di certificazioni bio, ben diversi da quelli europei.
La Cina, pertanto, seppur ancora configurabile come una nicchia per quanto riguarda il consumo di prodotti bio, il trend negli anni avrà sicuramente un risvolto positivo. Urge però, da parte delle imprese esportatrici, un’approfondita conoscenza del mercato cinese ed una visione a lungo termine.