Le esportazioni di vino francesi hanno subìto un brutto colpo durante l’anno del Covid-19. Anche senza alcun sentore della futura pandemia, l’inizio del 2020 si era già dimostrato carico di sfide.
Per quanto riguarda le esportazioni verso gli Stati Uniti la situazione si è rivelata complicata a causa dei dazi aggiuntivi introdotti lo scorso ottobre che hanno diminuito drasticamente le partite di vino esportate. Allo stesso tempo, le difficoltà economiche della Cina e l’aumento della concorrenza da parte di esportatori senza tariffe come Australia e Cile non sono state certo un buon segno.
Tutti questi problemi hanno finito per causare un calo del 7,5% in volume e del 17% in valore per le esportazioni di vini francesi nei primi nove mesi del 2020, secondo Business France. La caduta di valore può essere attribuita al fatto che le categorie più colpite nel calo di esportazione sono state per la maggior parte prodotti di alta gamma, compresi i vini di denominazione e lo Champagne. Per i primi due mesi dell’attuale campagna di commercializzazione, gli analisti di settore di FranceAgriMer riferiscono che, negli ultimi quindici anni, solo nel periodo immediatamente successivo alla crisi finanziaria del 2008 le esportazioni francesi di vino erano scese a un punto così basso. È interessante notare come l’organizzazione spieghi anche che l’aumento delle riesportazioni da parte della Francia di vini europei senza denominazione – la maggior parte dei quali sfusi e venduti a prezzi bassi (1,7€ in media al litro, contro gli 8 euro dei vini di denominazione in bottiglia) – è un’altra ragione del crollo dei valori delle esportazioni.
Inoltre, per aggirare i dazi aggiuntivi degli Stati Uniti sui vini imbottigliati, gli esportatori francesi di vino hanno incrementato le spedizioni di vino sfuso, con un impatto chiaramente negativo.
Ci sono comunque alcune notizie positive: I mercati europei come la Svezia, la Norvegia, l’Irlanda e i Paesi Bassi hanno retto bene il contraccolpo, così come il Canada. Resta da vedere come se la caverà il Regno Unito prima della fine del periodo di transizione e dopo la Brexit.
Per quanto riguarda il mercato del vino interno alla Francia, le vendite dei supermercati non sono riuscite a compensare le chiusure degli alberghi. La situazione dell’industria vinicola francese è stata aggravata, infatti, da un mercato interno in difficoltà. A differenza di altri mercati di consumo, i francesi non hanno aumentato il consumo di vino durante il lockdown, anzi. Nei primi 10 mesi dell’anno, infatti, le vendite al supermercato di vini fermi sono scese dell’1,1% in volume a 6,6 milioni di ettolitri e dell’1,3% in valore a 3,07 miliardi di euro, nonostante il fatto che i ristoranti siano stati chiusi per molti mesi nel 2020, e sono destinati a rimanere chiusi almeno fino a febbraio di quest’anno. Tuttavia, le cifre complessive nascondono il fatto che le vere vittime di questo calo sono stati i vini rossi che sono diminuiti di quasi il 4% in volume e del 5% in valore. Al contrario, i vini rosati e quelli bianchi hanno recuperato il calo della quota di mercato dei vini rossi. Inevitabilmente, considerando il clima sociale ed economico, le vendite al supermercato di vino spumante sono crollate dell’8,6% in volume a 103 milioni di bottiglie e del 6,2% in valore a 7,7 milioni di euro.
Ovviamente, tutte queste tendenze si sono tradotte in spedizioni letargiche delle cantine, con un maggior calo di vino rosso in tutte le categorie, compreso il biologico, che hanno sofferto più di altre categorie. L’attuazione del piano di distillazione francese, in base al quale i vini IGP e DOP sono stati pagati 0,78 €/litro ha portato a una pausa nella vendita di vino sfuso.
Sebbene il piano abbia portato sollievo nel periodo pre-vendemmia, ha anche involontariamente escluso i vini bianchi e rosati avanzati a spese dei rossi, come hanno sottolineato i broker internazionali Ciatti nel loro rapporto datato gennaio 2021. Ciatti nota anche che “la campagna d’acquisto della vendemmia 2020 è iniziata in sordina a causa della situazione di Covid-19, anche se ci sono stati buoni livelli di attività su Chardonnay, Pinot nero e rosé della Francia meridionale”.
Come in ogni situazione in rapido cambiamento, gli acquisti hanno avuto la tendenza di coinvolgere quantità minori di vino, “coprendo gli affari che erano assicurati”. Per il 2021 le prospettive sono ancora difficili da prevedere. Anche se il rischio di una tassa supplementare sui vini e gli alcolici francesi che entrano negli Stati Uniti per questo mese sia stato evitato per un pelo, i dazi precedenti rimangono in vigore, e mentre si prevede una crescita dell’economia cinese pari all’8% quest’anno, il ritorno ai livelli pre-pandemici non si è ancora tradotto in una nuova crescita per le importazioni di vino.
Le tariffe imposte ai vini australiani dalla Cina, tuttavia, possono offrire alcune opportunità agli esportatori francesi, tuttavia quelli australiani saranno alla disperata ricerca di un’opportunità per i loro vini precedentemente esportati in Cina, esacerbando la concorrenza in altri mercati mondiali. Inoltre, la pandemia non ha fatto nulla per alleviare la pressione delle scorte nei principali Paesi produttori come Italia e Spagna, il che potrebbe avere un effetto a catena sui prezzi del vino sul mercato globale quantomeno per quest’anno.
Quindi, tutto sommato, mentre la maggior parte degli attori del mercato vitivinicolo sono stati sollevati nel vedere la fine del 2020, non ci sono molte speranze che il 2021 in questi primi mesi comincerà a gonfie vele.