Lo Champagne, sinonimo di lusso, raffinatezza e celebrazioni, è da secoli un’icona nel mondo del vino. Ma come sta cambiando il panorama dello Champagne? Le grandi aziende hanno ancora lo stesso fascino per i consumatori odierni? Oppure i giovani si stanno spostando verso i produttori più piccoli e alternativi?
Lo sappiamo, negli Stati Uniti il mercato del vino è notoriamente stagnante ma lo Champagne fa eccezione. Nel 2022 sono state esportate oltre 33 milioni di bottiglie di Champagne negli Stati Uniti, un volume record a livello globale. L’export verso gli Stati Uniti è aumentato del 58% e il valore totale delle spedizioni di Champagne a livello globale ha superato i 6,6 miliardi di dollari.
Ma chi c’è dietro a questi numeri straordinari? La stragrande maggioranza dello Champagne venduto negli Stati Uniti è prodotto da grandi multinazionali, come il gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy (LVMH). Marchi iconici come Veuve Clicquot, Moët & Chandon e Dom Pérignon sono tutti sotto l’ala di LVMH. Questi colossi del settore rappresentano il 90% delle esportazioni di Champagne.
Non c’è dubbio che questi colossi abbiano raggiunto un notevole successo finanziario, tuttavia questa placida navigazione in mari calmi è minacciata da venti avversi. Il cambiamento climatico è una delle principali sfide che affronta l’industria dello Champagne. Il riscaldamento globale sta cambiando i modelli climatici, mettendo a dura prova le pratiche di coltivazione tradizionali e minacciando la sostenibilità futura del settore.
È qui che entrano in gioco autonomia e indipendenza. Alcune case di Champagne a conduzione familiare si sono imposte come custodi della tradizione, ma sono anche pronte ad adattarsi ai tempi. Un esempio è la Maison Billecart-Salmon, fondata nel 1818. Il CEO Mathieu Roland-Billecart afferma che l’autonomia nelle scelte gestionali, agronomiche, comunicative e commerciali è essenziale per il successo del marchio. La casa mantiene relazioni di lunga data con gli agricoltori, fornendo loro sostegno anche durante le annate difficili.
La sfida per queste aziende è conciliare l’orgoglio della tradizione con l’adattabilità alle nuove sfide. Alcune di esse stanno investendo in pratiche sostenibili per garantire la sopravvivenza nel lungo termine. Ruinart, la prima casa di Champagne fondata nel 1729, è ora di proprietà di LVMH. Grazie alle risorse finanziarie di LVMH, Ruinart sta trasformando i vigneti per prevenire i mutamenti dovuti al cambiamento climatico.
L’industria dello Champagne si trova di fronte a tre opzioni
- seguire la strada delle grandi multinazionali, con il loro potere finanziario e la capacità di investire in nuove tecnologie per affrontare il cambiamento climatico,
- mantenere la tradizione e la vocazione identitaria delle maison di proprietà familiare,
- unire il meglio di entrambi i mondi.
Questa ultima opzione sembra rappresentare la soluzione più concreta e vincente, alcune maison di Champagne, infatti, stanno trovando un equilibrio tra autonomia e sostenibilità finanziaria. Laurent-Perrier, fondata nel 1812, ora di proprietà della famiglia Nonancourt, è quotata in borsa ma ha mantenuto un forte legame con i viticoltori che partecipano come azionisti. Questo approccio ha permesso loro di rimanere svincolati dai grandi capitali esterni e di compiere scelte di investimento in totale autonomia.
Anche Piper-Heidsieck, passata attraverso diverse cambi nel corso degli anni, ora è di proprietà della famiglia Descours. Hanno adottato un approccio che unisce la solidità finanziaria di una grande azienda con la mentalità di un’azienda a conduzione familiare, investendo in pratiche sostenibili e adattandosi al cambiamento con l’obiettivo di creare Champagne freschi e vibranti.
L’appeal dello Champagne sta cambiando, i consumatori sono attratti dalla storia, dall’identità e dagli approcci artigianali delle maison a conduzione familiare, ma allo stesso tempo riconoscono l’importanza delle risorse finanziarie per affrontare le sfide del cambiamento climatico.
Forse la chiave del successo futuro dello Champagne risiede nell’unire il meglio di entrambi i mondi: tradizione, autonomia e sostenibilità finanziaria. Solo così lo Champagne potrà continuare a brillare e a deliziare i palati delle generazioni future.