Philip Cox, direttore commerciale di Cramele Recas, il più grande esportatore di vino della Romania, raggiunto da the-buyer.net ha voluto analizzare quali sono stati i cambiamenti per i produttori di vino dell’UE che esportano nel Regno Unito e quali sono gli effetti post-Brexit sulle aziende vinicole dell’UE. Una sorta di guida, un vademecum chiaro e puntuale frutto dell’esperienza in prima persona di un professionista del settore.

“Le conseguenze della Brexit produrranno sicuramente un cambiamento significativo nel commercio del vino nel Regno Unito e produrranno un grande impatto nella scelta dei consumatori. Aumenteranno i prezzi e la sopravvivenza sarà molto difficile per tutte le aziende, ad eccezione di quelle più forti.” Questa è l’opinione di Philip Cox, nato a Bristol, fondatore nel 1998 assieme alla moglie Elvira di Cramele Recas, il più grande esportatore di vino della Romania ed il più grande venditore di vino premium del paese. La gamma di Cramele Recas è composta da 65 vini, 247 etichette e copre oltre 25 mercati internazionali.

L’uscita del Regno Unito dal mercato unico e dall’unione doganale dell’UE, avvenuta il 31 dicembre 2020, ha generato un cambiamento profondo e a lungo termine, ma quali effetti ha avuto finora per i fornitori di vino dell’UE?

“Potrebbe essere un po’ troppo presto per dirlo con certezza, a causa delle modalità repentine e improvvise con cui si sono chiusi gli accordi e del fatto che né il Regno Unito né l’UE sono stati molto disponibili nel fornire informazioni e indicazioni precise alle aziende. È chiaro che la nostra industria è stata una delle pedine del negoziato e che sono stati attuati profondi cambiamenti che ci riguardano, ma ciò è avvenuto senza alcuna consultazione con il settore e con una totale mancanza di rispetto e comprensione verso il nostro business.
Il Regno Unito ha scelto un pesante approccio burocratico, chiedendo cose che nessun altro paese extra-UE richiede per le importazioni di vino. In questo momento è davvero il mercato più difficile del mondo per i produttori europei e la situazione è peggiore per i fornitori extracomunitari.
Ecco in sintesi e suddivise per punti le novità scaturite dalla Brexit:

1. Pallets fumigati.
Il Regno Unito richiede pallets fumigati ISPM 15 dal 1° gennaio, che sono più difficili da ottenere e più costosi. Si tratta di pallets esposti a temperature superiori a 56 °C per un tempo non inferiore a 30 minuti e senza l’impiego di prodotti chimici per eliminare potenziali organismi nocivi.

2. Origine preferenziale.
Dal 1° gennaio il Regno Unito richiede a tutti i fornitori di vino dell’UE di provare l’origine preferenziale delle merci (cioè che esse e i materiali di imballaggio provengano dall’UE). Per le spedizioni di valore inferiore a €6000 c’è una dichiarazione più semplice, ma per la stragrande maggioranza delle spedizioni commerciali (di valore superiore a €6000) è richiesta la registrazione nel registro degli esportatori dell’UE (REX). Questo procedimento non è così semplice come si legge sui siti DEFRA e UE, mi ci sono volute circa 2 settimane e un notevole lavoro amministrativo per mettere insieme certificati e dichiarazioni di 30 fornitori di uva e 10 fornitori di prodotti secchi per verificare l’origine di tutti i nostri input.

3. Fatture più dettagliate.
La dogana britannica richiede che tutte le fatture ora contengano più informazioni del normale, Incoterms, codici doganali e dichiarazioni di origine preferenziale, codici EORI ecc.

4. Etichettatura dell’importatore.
Ogni etichetta di vino dal mese di Settembre 2022, dovrà avere l’indirizzo dell’importatore. Molte aziende hanno una vasta gamma di etichette e importatori, non potremo più vendere una marca a più importatori nel Regno Unito con la stessa etichetta, tutto dovrà essere fatto su misura, quindi ci saranno molti problemi di inventario.

5. Dichiarazione a lungo termine del fornitore.
È una dichiarazione con i codici doganali Taric a 10 cifre per ogni importatore, una ripetizione di informazioni che sono già sulla dichiarazione doganale e sulla fattura commerciale. Ma a quanto pare è usata nel Regno Unito per questioni di IVA, quindi è importante farlo.

6. Dichiarazioni di esportazione e importazione.
Queste non sono di per sé così difficili da fare ma sono ingombranti e costose (circa 75 euro per l’esportazione e altri 75 euro per il cliente nel Regno Unito). Nel nostro caso, usiamo l’ufficio doganale locale più vicino (a 25 km dalla cantina) che controlla fisicamente ogni camion. Quindi dobbiamo mandare fisicamente il camion all’ufficio doganale entro le 12 di ogni giorno, il che significa che possiamo caricare per il Regno Unito solo mezza giornata.

7. Certificati di importazione del vino nel Regno Unito.
I certificati di importazione entreranno in vigore dal 1° giugno 2021. Il certificato è richiesto per ogni vino su ogni dichiarazione/fattura d’importazione, sono stilati dai fornitori ma supervisionati dalle autorità locali di ogni paese UE. Non sono così difficili da compilare – sono 8 informazioni, dettagli dei fornitori e del cliente, quantità di ogni vino, colore, alcol, codice doganale ecc.
Il problema nasce dal fatto che questo procedimento deve essere fatto per ogni consegna di ogni vino, significa moltiplicare a dismisura i documenti, specialmente per i piccoli importatori ed il commercio di vini pregiati che prevede spedizioni di prodotti multipli in piccole quantità.
Per i fornitori di supermercati, i certificati dovranno essere fatti per ogni spedizione che attraversa il confine del Regno Unito, moltiplicando così il numero da pochi certificati  sino a 15-20 certificati per camion che lascia la cantina.
Questi certificati sono costosi e fastidiosi dato che, nel nostro caso, dovremo avere una persona il cui unico compito è compilare questi documenti. Inoltre non provano nulla sulla qualità o l’origine del vino e tutte le informazioni riportate, sono già presenti in altri documenti utilizzati nelle spedizioni (dichiarazione doganale e fattura). 

8. Il vino destinato all’Irlanda del Nord.
Il vino destinato all’Irlanda del Nord ha un regime diverso dal resto del Regno Unito: 
A) se il vino è già stato importato nel Regno Unito e viene poi spedito in Irlanda del Nord senza alcuna modifica (filtrazione, miscelazione, bolle ecc.) sarà considerato un prodotto di un paese terzo e dovrà pagare l’intero importo dei dazi all’arrivo. 
B) Sono necessari requisiti speciali per l’etichettatura con un testo sull’etichetta che dice di non vendere al di fuori dell’Irlanda del Nord. Questo è un problema per i distributori britannici che usano il Regno Unito come un hub. In termini pratici tutte le merci destinate all’Irlanda del Nord dovranno passare dall’UE, probabilmente attraverso l’Eire.

Queste sono alcune delle cose più chiare e tangibili che sono successe finora, ma non è finita qui perché ci sono tutti i problemi relativi ai trasporti e alla logistica post-Brexit.
Sussistono enormi problemi di trasporto, la stragrande maggioranza dei trasportatori UE non vuole più andare nel Regno Unito, questo comporta prezzi in aumento e grandi ritardi nel trovare un trasportatore disponibile. Le vendite online tra il Regno Unito e l’UE e viceversa sono ferme sia per l’alto costo delle tasse doganali da entrambe le parti rispetto al valore della merce, sia per il fatto che il Regno Unito ha cambiato le regole sull’IVA e richiede ai venditori online dell’UE di raccogliere l’IVA del Regno Unito.

Le aziende di trasporto e logistica stanno in qualche modo approfittando della situazione e la mia esperienza mi dice che stanno tentando di far passare le complicazioni ai loro clienti britannici come un modo per ottenere prezzi più alti e più lavoro per quanto riguarda lo sdoganamento.

Molti grandi clienti nel Regno Unito stanno cercando di esternalizzare tutto il lavoro logistico e doganale a società di logistica e di demandare molto lavoro ai loro fornitori.
È un momento difficile in cui i fornitori devono stare molto attenti a ciò che accettano di fare e pagare.

Ed è altrettanto dura per gli importatori che ora hanno più burocrazia, più responsabilità, più costi e margini più risicati.