A seguito di un’altra tornata di negoziazioni, Australia e Unione Europea non sono riuscite a trovare un accordo definitivo per la firma di un trattato di libero scambio, i negoziati vanno avanti da ormai 5 anni.
La visita del Primo Ministro Anthony Albanese in Europa in occasione del vertice NATO di Vilnius, non ha impresso una svolta. L’intesa non è stata raggiunta per due fattori principali:
- la richiesta dell’Australia di quote per le esportazioni di carne bovina, ovina, prodotti lattiero-caseari e zucchero
- la richiesta dell’UE che vorrebbe che l’Australia smettesse di usare le denominazioni di alcuni prodotti chiave, tra cui il Prosecco.
Se l’UE dovesse raggiungere questo obiettivo, secondo i produttori australiani sarebbe una sciagura, costerebbe loro milioni di dollari e confonderebbe i consumatori.
Non sarebbe la prima volta, in base a un precedente accordo con l’UE, nel 2010 i produttori di vino australiani persero il diritto al nome “Champagne”. Lo “Champagne” australiano ora riporta semplicemente il nome “sparkling wine”.
“Continueremo a sostenere la causa di un accordo di libero scambio nell’interesse sia dell’Australia che dell’Europa, ma non sottoscriveremo un accordo solo per il gusto di farlo, quello che vogliamo è un buon accordo per l’Australia “, ha dichiarato Albanese, in visita in Lituania.
Il Ministro del Commercio Don Farrell ha dichiarato che i funzionari di entrambe le parti continueranno i negoziati e cercheranno di incontrarsi nuovamente il mese prossimo.
Come ho descritto in un recente articolo, l’Australia è uno dei mercati di spumanti in più rapida crescita al mondo, il valore totale della produzione di Prosecco australiano è cresciuto rapidamente da poco più di 60 milioni di dollari nel 2017 a 205 milioni di dollari nel 2021.
Dal 2009 l’Italia, attraverso un decreto ministeriale, ha stabilito che il vitigno conosciuto come Prosecco sin dal 1969 prendesse il nome Glera all’interno dell’Unione Europea (UE) e ha registrato il Prosecco come Indicazione Geografica (IG) nell’UE. Da allora, per oltre un decennio, l’UE si è battuta per rivendicare il Prosecco come IG nei mercati globali, compresa l’Australia.
Ma molti produttori internazionali hanno rifiutato il cambiamento e continuano a riferirsi alle uve come Prosecco. Un esempio è Pizzini Wines, il Prosecco rappresenta circa il 25% delle vendite dell’azienda vinicola nella King Valley di Victoria.
Natalie Pizzini, marketing manager della cantina, ha riferito che se i diritti sul Prosecco venissero rimossi, si creerebbe un “terribile precedente”.
Secondo Pizzini se i produttori fossero costretti ad abbandonare il nome Prosecco, il rebranding costerebbe milioni di dollari e l’industria avrebbe bisogno di iniezioni di denaro dai governi statali e federali.
“Se non possiamo chiamarlo Prosecco in Australia, come lo chiameremo? Come lo troveranno i consumatori? E quanto costerà raccontare ai consumatori una nuova storia?”.
Il senatore Farrell ha davanti a sé una strada difficile, nel tentativo di bilanciare le richieste di mantenere i diritti di denominazione da parte dei produttori australiani e al contempo raggiungere un accordo commerciale con l’UE che consentirebbe all’Australia un migliore accesso a un mercato con oltre 447 milioni di persone e un PIL di circa 26.000 miliardi di dollari.
La pressione è forte per ottenere risultati, ma è improbabile che l’UE ceda facilmente. Paesi come la Nuova Zelanda e il Canada hanno già rinunciato ai diritti sulla denominazione Prosecco in recenti accordi commerciali.
Molti produttori locali che rischiano di perdere i diritti sui nomi dei loro prodotti, preferirebbero che il senatore Farrell non concludesse l’accordo di libero scambio tra Australia e Unione Europea. “Nessun accordo è meglio di un cattivo accordo”, ha dichiarato il presidente degli Australian Dairy Farmers, Rick Gladigau.