Il dettaglio di queste ultime settimane ci ha regalato un quadro abbastanza chiaro e specifico dei fenomeni che stanno sconvolgendo gli assetti climatici e gli equilibri ecologici delle nostre aree di produzione.

Abbiamo avuto un assaggio di questi repentine variazioni di temperatura già dal 22 marzo, quando in pianura le minime hanno spesso superato i -3° -4°. Successivamente abbiamo registrato un repentino rialzo delle temperature e al superamento di numerosi record di caldo, con massime in pianura di 24° e picchi di 27°. Il precedente record del 2012 è stato superato da 52 stazioni su 109, mentre le temperature medie e minime hanno fatto registrare rispettivamente 41 e 20 nuovi record di caldo. Ad inizio aprile, nuove gelate nelle giornate del 7 e dell’8 aprile hanno portato le temperature tra i -2° e i -3°, con punte oltre i -4° in pianura.
25 stazioni, tutte in pianura o sulla costa, hanno registrano un nuovo record inferiore a quello del 1994, nell’ovest veronese.

Nonostante, secondo il monitoraggio di Assoenologi, le regioni più colpite dalle gelate dei giorni scorsi siano state Toscana e Umbria, anche Emilia-Romagna e Veneto sono state investite dalle criticità.

Le gelate si sono distribuite a “macchia di leopardo”, ma nel Veneto le zone maggiormente sofferenti sono state quelle di pianura, mentre in collina le problematiche sono state ridotte.

Il colpo di coda dell’inverno ha causato gravi danni al settore agricolo, in particolare ai frutteti e ai vigneti delle varietà di uva precoci. 

Diego Tomasi del CREA Viticoltura ed Enologia, intervistato da Veneto Agricoltura Channel,  ha confermato che: “Al momento della gelata del 7 e 8 aprile le varietà più interessate sono state quelle più precoci ed in particolare la Glera”.

Tomasi ha posto l’accento sulla frequenza delle gelate in questi ultimi anni: “Cerchiamo di capire cosa comporta questa maggiore frequenza di gelate. Abbiamo registrato gelate sia nel 2017 che quest’anno, ciò vuol dire che in 5 anni, 2 annate ne sono state interessate. Ho analizzato i dati a partire dagli anni ‘60 e ho notato che dal 1960 al 2016 abbiamo avuto 7 eventi intensi di gelate. Sette gelate in 56 anni, di cui 2 negli ultimi 5 anni”. 

Il dato è emblematico dell’aumento della frequenza con cui negli ultimi anni si stanno verificando eventi calamitosi di questo genere.

“È in atto il cambiamento climatico e questi eventi lo confermano. Dovremmo pensare a mettere in atto delle strategie per difenderci da questi eventi estremi. Non ci sono più soltanto le precipitazioni intense o le ondate di calore, il ritorno del freddo in questo periodo in cui la vite è particolarmente sensibile è altrettanto preoccupante.”

Ci sono state 2 ragioni principali, indipendenti dal nostro volere, che hanno permesso alla viticoltura veneta di attenuare gli impatti negativi delle gelate:

  1. In generale, la siccità ha in parte attenuato l’impatto delle gelate sulla vite: “non pioveva da circa un mese e mezzo, per cui la vite era quasi in sofferenza idrica. I germogli nel caso della Glera, erano molto asciutti per cui il gelo ha inciso meno. Lo si nota dal fatto che le gemme che hanno subito il maggior danno sono state quelle apicali – apicale dell’archetto o del cordone – che sono le gemme maggiormente idratate in quel momento dato che lì si accumula la linfa. Fortunatamente il fatto che fosse un periodo secco con una vegetazione quasi in stress idrico ha ridotto i danni concentrandoli nelle parti apicali”.
  2. È stata una gelata accompagnata da una discreta ventilazione, ecco il motivo per cui in collina non si sono verificati danni importanti: “I danni si sono concentrati maggiormente in pianura, per cui la pianura della DOC Prosecco lamenta un danno di circa il 20-30%. È un danno che andrà aggiornato da qui a 10 giorni, in questo lasso di tempo vedremo se le gemme di controcchio riusciranno a ripartire grazie anche alle piogge di questi ultimi giorni. Credo che queste ultime piogge garantiranno questa ripartenza”.

“Danni più seri” ha puntualizzato Tomasi “si lamentano nella zona di Conselve, Merlara dove l’incidenza è leggermente superiore rispetto al 20-30% a cui ho fatto riferimento in precedenza. A Custoza il danno è abbastanza limitato, un po’ sulla Corvina, un po’ sullo Chardonnay ed il Pinot Grigio ma nulla di estremamente preoccupante”.

È stata la frutticoltura a risentire maggiormente di queste gelate: “I danni maggiori credo che abbiano coinvolto le colture frutticole: pesco, kiwi, melo perché lo stadio fenologico era in piena fioritura”.

Anche in Francia la conta dei danni è ingente,  la situazione è talmente preoccupante che è intervenuto anche il presidente Emmanuel Macron ed il ministro dell’Agricoltura Julien Denormandie ha dichiarato il “disastro agricolo” che permetterà ai produttori, già colpiti dalle difficoltà della pandemia, di accedere a degli ulteriori finanziamenti per affrontare i danni e le perdite nel 2021.

Il gelo ha colpito tutte le denominazioni della regione del Bordeaux, sulla questione è intervenuto il Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux (CIVB) che ha dichiarato di aspettarsi effetti negativi sui volumi di produzione nell’annata Bordeaux 2021.

Tuttavia come in Italia, le gelate hanno interessato zone eterogenee e colpito a macchia di leopardo: i danni sono dipesi anche dallo stato vegetativo raggiunto dalle viti. Thiébault Huber, presidente del CAVB, ha sottolineato che: “Tutta la Borgogna, da Chablis a Mâcon, è stata colpita, riteniamo che gli Chardonnay che sono più avanti [nel ciclo di crescita], siano stati colpiti maggiormente rispetto ai Pinot Noirs, che non avevano ancora completato il loro germogliamento”.