Tutti noi sentiamo l’esigenza di trovare risposte ai continui problemi che la vita ci pone. Cerchiamo risposte che forniscano soluzioni, che ci sollevino dall’incertezza, che ci permettano di vivere meglio il nostro lavoro. 

Spesso le risposte che cerchiamo in noi o nella società non derivano da un lavoro di messa in discussione e di attenta osservazione del sé, ma da “strategie” volte alla tutela della propria autostima e del proprio schema di lavoro. Si parla di self serving bias, che sostanzialmente è l’errore sistematico che facciamo nella valutazione di noi stessi, nel riconoscerci i successi e far dipendere gli insuccessi dagli altri o dalle situazioni.

Riuscire ad essere consapevoli di sé, di chi siamo, dei propri punti di forza e dei lati più deboli è fondamentale per risolvere e sciogliere alcuni dei disagi che si vivono. In questo senso è sicuramente più facile farlo grazie al confronto con gli altri. Come? Attraverso il dialogo autentico, lo stesso che dovremmo mettere in moto con noi stessi. Il punto è il dialogo, mettersi in relazione con gli altri e non “assorbire” risposte generalizzate che la società ci rimanda.

Il dialogo con sé stessi e con gli altri è un processo circolare e interattivo.  Circolare, perché non termina ma si ripete, in un continuo scambio tra sé e gli altri. Interattivo perché dal confronto può nascere un nuovo modo di vedere sé stessi, ossia smascheriamo i nostri “errori” di valutazione, e da questa nuova consapevolezza di sé nasce un nuovo scambio con gli altri. E impariamo così ad ascoltare.

Tutto ciò è fondamentale soprattutto per chi lavora nel mondo del vino dove la comunicazione è la vera protagonista degli scambi commerciali, fatti di storie di vita, di prodotti e di relazioni che bisogna saper veicolare al meglio.

Ma da dove si comincia? Si parte da sé. 

La consapevolezza di sé deriva anche delle nostre interazioni sociali, ma prende forma grazie al nostro dialogo interiore, fatto come abbiamo scritto all’inizio, di ricerca di risposte.

Ci siamo mai chiesti, prima di metterci a cercare una risposta, se ci siamo fatti la domanda appropriata? Può sembrare un paradosso, ma la domanda conta assai più della risposta.

Spesso troviamo risposte insoddisfacenti o non riusciamo a trovarle solo perché ci eravamo posti la domanda sbagliata oppure, come mette in luce Wittgenstein, semplicemente perché la domanda era mal posta o non ben formulata. 

Ma perché a volte è così difficile farsi le domande giuste? 

Perché, soprattutto quando abbiamo a che fare con questioni che toccano da vicino la nostra esistenza, siamo così immersi in noi stessi che finiamo per imbrogliarci e andiamo in cerca di risposte a domande errate, pur di non andare a fondo di ciò che più ci permette di conoscerci meglio. 

E in questo percorso gli altri sono fondamentali. Chiediamo “aiuto”. Le persone attorno a noi ci possono fare da specchio, ci posso aiutare a chiarire le nostre domande, ci posso condurre alla domanda autentica. Non cerchiamo in altri le risposte, dobbiamo cercare negli altri le domande. Per far questo dobbiamo essere soprattutto disposti ad ascoltarli e riuscire a farci ascoltare. 

Come si fa?

Partiamo da noi. Anche quando ascoltiamo le persone che ci stanno a cuore e che ci pongono delle domande, stiamo attenti a capire che cosa in realtà ci stanno chiedendo: spesso dietro una domanda apparentemente neutra si nascondono delle richieste più profonde. Ed è solo grazie al nostro aiuto che possiamo farle emergere nell’altro. Non fidiamoci quindi sempre delle richieste che ci vengono fatte e cerchiamo di aiutare il nostro interlocutore a trovare le domande autentiche che a volte quelle richieste celano. 

Nel dialogo con l’altro l’obiettivo è aprire nuovi percorsi di conoscenza di sé.