Nelle scorse settimane ho affidato ad una delle nostre più giovani collaboratrici, Veronica Zin, di 26 anni, una “piccola” indagine sulla sua stretta cerchia di amici (una ventina tra i 21 e i 35 anni). Si fa infatti un gran parlare della disaffezione dei giovani nei confronti del vino, ma si fatica spesso a comprenderne le reali ragioni.

E allora, senza la pretesa di fare indagine statistiche esaustive, ho ritenuto comunque interessante indagare quello che definisco il “mondo vicino a noi”, fatto di amici, parenti e conoscenti.

Certo è un osservatorio molto limitato, ne sono cosciente, ma spesso ho la sensazione che possano essere più utili le indicazioni che ci vengono da vicino rispetto a visioni con il telescopio che ci fanno osservare mondi molto, troppo lontani.

L’indagine di Veronica ci ha riportato una fotografia molto interessante che, per certi aspetti, potrebbe apparire anche contraddittoria.

Se da un lato, infatti, la maggioranza dei suoi giovani “amici” (oltre il 60%) preferisce il vino a birra o ai cocktail, metà di essi si sente intimorito nello scegliere una bottiglia di vino al ristorante.

Le ragioni di questo timore si ritrovano nella risposta a questa domanda: “Qual è il tuo livello di conoscenza del mondo del vino?”. L’85% si è definito inesperto, il 15% dichiara di avere competenze intermedie. Nessuno dei 20 intervistati si è dichiarato esperto. 

Pur essendo un panel limitatissimo, ritengo che il timore espresso dai venti amici di Veronica e le ragioni della loro paura siano assolutamente riscontrabili in tantissimi giovani e, temo, anche in molte persone di età più avanzata.

Se penso a quante volte mi trovo al ristorante con coetanei (ormai sessantenni, ahimè) che sono intimoriti dallo scegliere un vino in mia presenza perché non si sentono all’altezza, questo mi fa pensare a quanti danni abbiamo generato con una comunicazione del vino iperbolica, super specializzata, esclusiva e raramente inclusiva.

Aver dato la percezione che per approcciarsi al vino bisogna essere degli esperti è stato un errore madornale.

Riprendo ancora una volta, a questo riguardo, l’affermazione del bravo Paul Wagner, uno dei maggiori esperti di comunicazione del vino a livello mondiale che ho intervistato nelle settimane scorse (trovate l’intervista qui): “Gli studi indicano che i giovani trovano il vino troppo complicato e intimidatorio. L’industria vinicola ha risposto con l’idea assurda che i consumatori debbano imparare di più sul vino per comprenderlo meglio, ma nessuna industria ha mai prosperato dicendo ai suoi consumatori di tornare a scuola!”.

Purtroppo, la constatazione di Paul trova conferma nella nostra seppur piccola indagine, ma ancora di più nei numeri che ci arrivano dai mercati che testimoniano come il vino appaia sempre di più una “bevanda per vecchi”.

Eppure si tratta di una “deriva” che potremmo sicuramente arginare, come testimoniano alcuni eventi o locali che riescono ad attrarre numerosi giovani ad un consumo “intelligente” del vino.

Cito ad esempio Hostaria che si è svolta a Verona nei giorni scorsi e ha distribuito oltre 26.000 calici ai propri visitatori, molti dei quali giovani, che per tre giorni hanno affollato i banchetti nel suggestivo centro storico della città scaligera. Un evento “semplice”, se vogliamo, ma proprio nella sua immediatezza e location straordinaria trova la sua chiave di successo e, soprattutto, il suo appeal anche nei confronti di giovani consumatori. Non si ha la pretesa di pontificare sulla cultura del vino ma di mettere in condizione chiunque di accedere ad un consumo di vino in modalità divertente, conviviale in un contesto che comunque non banalizza il prodotto ma lo racconta in modalità semplice e diretta.

Eventi di questa natura potrebbero essere replicabili un po’ ovunque a partire dalla nostra bella Italia che una volta, non a caso, si chiamava Enotria, ma che agli occhi di molti giovani sembra aver perso quella sua forte identità vitienologica.

L’approfondimento di una tematica è quasi sempre frutto di uno stimolo iniziale. Pretendere di stimolare un giovane potenziale consumatore mandandolo prima a scuola nella speranza che si appassioni al vino è veramente un illusione difficile da comprendere.

Ma ho la sensazione che sia molto difficile modificare questa attitudine in questo nostro mondo del vino, dove troppi continuano fare a gara di chi individua il descrittore più astruso o cita la fermentazione malolattica come fosse una poesia del Pascoli.