Con Graziano Molon, Direttore Generale del Consorzio Vini del Trentino, abbiamo affrontato alcune tematiche chiave, spesso correlate tra loro, dalla crisi climatica alla governance, dalla promozione al coinvolgimento territoriale.
Gli eventi accaduti in Emilia-Romagna ci spingono a mettere al centro del dibattito 3 questioni cruciali relazionate tra loro: cambiamento climatico, sostenibilità e manutenzione del territorio. Quali sono le tue riflessioni rispetto alla realtà del Trentino e come si sta muovendo il Consorzio Vini del Trentino rispetto a queste priorità?
È chiaro che è il tema all’ordine del giorno, ma bisogna tenere presente che, quando si parla di sostenibilità, la visione non può che essere a lungo termine. Eventi calamitosi si sono sempre verificati ma c’è stata una notevole accelerazione negli ultimi 20 anni, per chi lavora in campagna come noi questo è ancora più evidente.
In questo senso è più utile ragionare come territorio che come consorzio o singolo comparto, il contributo deve essere allargato. Per ciò che ci riguarda, penso che la scelta che abbiamo intrapreso sia già un primo buon viatico che può aiutare ad affrontare questi cambiamenti.
Nello specifico per quanto riguarda la situazione in Romagna, la Protezione Civile del Trentino è stata la prima ad essere chiamata e spesso coordina le altre protezioni civili. Penso che l’attenzione e la cura del territorio siano parte del DNA della nostra regione, una storia di presidio grazie anche alla presenza di molte piccole realtà aziendali.
La morfologia trentina è caratterizzata da una forte eterogeneità, dalle miti sponde del Lago di Garda si passa ai ripidi pendii delle aree dolomitiche. Le superfici vitate vanno dai 200m ai 1000m circa slm (ben il 14% dei vigneti è al di sopra di quota 500m). È complesso trovare un equilibrio per rispondere ad esigenze così diverse da parte dei consorziati?
Il Trentino è un piccolo territorio che garantisce meno del 2% della produzione vinicola italiana, ma questa eterogeneità che tu giustamente fai emergere, rappresenta per noi una opportunità non un limite. Forse facciamo più fatica a trovare un prodotto maggiormente rappresentativo, rispetto ad altre regioni come la Toscana ad esempio. Ma il metodo classico trentino è comunque divenuto un emblema del vino di montagna, anzi più precisamente rappresenta il fil rouge che collega la montagna al fondo valle. Questo patrimonio di diversità è anche funzionale in ottica comunicativa, è sempre meglio avere più cartucce da sparare.
Nel vostro primo “Bilancio di Sostenibilità” del 2021 avete dato spazio all’attività di formazione, assistenza agronomica e sensibilizzazione per i Soci consorziati. Cosa significa in termini pratici?
È evidente che il consorzio non arriva al singolo socio, lo raggiungiamo tramite le cantine sociali. Con le cantine portiamo avanti un lavoro capillare in modo che ogni singolo socio abbia strumenti ed informazioni adeguate. Ad esempio per quanto riguarda il contrasto alla flavescenza dorata abbiamo istituito una task force proprio in collaborazione con le cantine.
Il Bilancio di Sostenibilità è una piramide virtuosa che funziona se a cascata tutti lavorano proficuamente nella stessa direzione: parte dal singolo socio, si trasferisce alla cantina sociale e infine viene inglobata dal consorzio. È chiaro che questo processo va annaffiato in modo costante e regolare, come una buona vite.
A maggio il Consorzio, assieme ad altre importati realtà trentine, ha organizzato “Trentino&Wine”, un appuntamento in grado di creare un fil rouge tra contesto urbano e rurale, tra vino (e grappa), storia, cultura, musica. Che valore ha questo evento e quali sono in prospettiva gli elementi più interessanti che sono emersi?
Quest’anno è stata una edizione abbastanza classica con un format definito. Certamente è un appuntamento importante, una sorta di “milestone” (pietra miliare) sia per i produttori che per il pubblico. Siamo soddisfatti, ha avuto un buon riscontro e questo non è un dato scontato. Un primo elemento che è emerso, rispetto alle edizioni precedenti, è stata la partecipazione spiccata ed interessata di un pubblico giovane. Giovani attenti alla qualità, spesso competenti che cercano la chicca, la peculiarità, la spiegazione.
È un target essenziale per il vino, in Trentino ma anche a livello più generale. Ciò significa che la cultura del vino è diffusa anche tra un pubblico giovane (30-40 anni) che sa quello che vuole. Il secondo elemento riguarda la città di Trento che in questo periodo post-Covid recepisce con molto favore questi appuntamenti, un elemento non nuovo ma che provoca ottimismo. Siamo sollecitati a ragionare per il futuro per lavorare ad un evento che sia sempre più visibile a livello comunicativo e che stimoli ulteriormente investimenti e sinergie territoriali.
Come è emerso anche durante l’evento “Trentino&Wine”, il coinvolgimento degli stakeholder è un elemento rilevante per creare sinergie ed aumentare l’efficacia delle azioni coordinate sul territorio. Ci puoi parlare di questo aspetto e delle sue ricadute concrete?
Corriamo il rischio di ripetere cose che diciamo da anni, è evidente che quando ci si muove a livello territoriale gli stakeholder sono fondamentali per fare un evento che abbia un senso ed una efficacia. Tuttavia il mondo degli stakeholder del vino è fin troppo affollato e mettere insieme i diversi interessi non è semplice. È necessario un po’ più di ordine per individuare quali siano effettivamente gli eventi enoturistici di alto livello e quali siano eventi di coinvolgimento territoriale. Su questo credo che, in presenza di risorse non infinite, sia il caso di definire delle priorità. La rilevanza degli eventi locali è indiscutibile, ma bisogna capire quali eventi abbiano le potenzialità maggiori, anche al di fuori della regione Trentino.
È un argomento complesso, noi dobbiamo porci sempre più in un’ottica di sviluppo territoriale, stando attenti a non fare il lavoro d’altri. In questo momento anche la comunicazione legata ai prodotti tipici come il vino, sta andando fortemente in questa direzione. Comunicare il territorio e poi il prodotto è la chiave che può dare quel “quid” in più.
Il “Progetto Enoturismo” del Consorzio punta a posizionare il Trentino tra le “top wine destination” a livello internazionale. Quali sono le evoluzioni future in questa direzione?
L’enoturismo è parte integrante e sostanziale di quella che è la promozione del territorio, come dicevo precedentemente. Abbiamo mappato le potenzialità enoturistiche, ora bisogna capire quanto investire in comunicazione, si tratta di trovare le risorse per comunicare questo processo. Bisogna tenere presente che i nostri competitor, ad esempio Piemonte o Toscana, sono agguerriti e non basteranno poche risorse per andare oltre il rumore di fondo, il mercato sicuramente non è facile.