Il mondo delle bevande alcoliche sta vivendo un periodo di trasformazione, lo abbiamo scritto in più occasioni, il segmento no-low sta guadagnando terreno.
Semplificando molto si potrebbe affermare che il vino è stato la bevanda iconica degli anni ’90, il gin quella degli anni 2000, la birra artigianale quella dell’ultimo decennio. Il trend dominante dei 2020 potrebbe essere rappresentato dalle bevande analcoliche o a bassa gradazione.
Nel Regno Unito, uno studio del gruppo di ricerca britannico KAM, in collaborazione con il marchio di birra analcolica Lucky Saint, ha rivelato un calo del consumo di alcol in tutte le fasce d’età.
Questo cambiamento è guidato da una tendenza alla moderazione, non dall’astensione completa. Mentre alcune fasce d’età riducono il numero di giorni in cui bevono, i Millennial e la Generazione Z stanno adottando una pratica nota come “zebra-striping”, che consiste nell’alternare bevande alcoliche e non alcoliche durante gli incontri sociali.
Questa tendenza sembra essere globale, esiste una crescente consapevolezza del fatto che le generazioni attuali stanno consumando meno alcol rispetto alle precedenti. Le ragioni variano: volontà di risparmiare, il miglioramento del sonno, della salute fisica e mentale.
Il vino è rimasto indietro
Birra e spirits stanno dimostrando di essere vincenti sul mercato no-low, mentre il vino sembra essere rimasto indietro. Le ragioni di questa disparità sono molteplici.
Innanzitutto, il settore del vino è caratterizzato (per quanto mi riguarda è una peculiarità meravigliosa) da una vasta gamma di produttori e stili ma soprattutto non gode della presenza di brand globali in grado di spingere la categoria al pari di Heineken 0.0% per la birra o Tanqueray e Gordon’s per gli spirits.
Inoltre, la produzione di vino senza alcol è estremamente complessa. Mentre la birra deve perdere solo il 3-4% del suo contenuto alcolico nel processo di de-alcolizzazione, il vino perde il 12-13%. Questo processo porta alla perdita di sapore ed anche di equilibrio, corpo, acidità e tannini. A differenza dei distillati, il vino non può nascondere difetti di sapore o struttura attraverso la miscelazione.
Inoltre, il vino senza alcol spesso ricorre all’uso di zucchero per compensare la mancanza di corpo fornita dall’alcol, ma questa soluzione non è ideale per i consumatori attenti alla salute.
Ragioni per essere ottimisti
Il vino de-alcolizzato ha un sapore meno simile alla sua controparte alcolica rispetto alla birra, i produttori di vino stanno lavorando duramente per creare alternative accettabili ed i segnali indicano che ci stanno riuscendo.
Tra le varie opzioni di vini senza alcol, le preferenze dei consumatori sembrano seguire alcune tendenze:
- i vini bianchi leggeri come il Sauvignon Blanc e il Riesling, che non dipendono da corpo e peso, sono tra i più popolari;
- i vini frizzanti, che offrono una texture unica grazie alle bollicine e spesso presentano dolcezza e alta acidità, sono un’ottima opzione;
- per i rossi i consumatori preferiscono le varietà fruttate con un buon corpo e tannini moderati.
Tuttavia, c’è ancora molto da fare per aprire il mercato a questo segmento. I piccoli negozi specializzati stanno abbracciando questa tendenza, ma i grandi rivenditori spesso offrono solo una gamma limitata di opzioni. Anche nei ristoranti e nei pub, la visibilità del vino senza alcol è inferiore rispetto alla birra analcolica, c’è quindi spazio per una maggiore promozione e sensibilizzazione.
In definitiva, il vino “senza alcol “alcohol free” sta lentamente guadagnando terreno grazie al miglioramento del profilo sensoriale, della qualità e all’aumento della domanda da parte dei consumatori. Il futuro del vino senza alcol sembra promettente ma, data la cautela dei tradizionalisti, è necessario un cambio di prospettiva per farlo davvero decollare.